"Concentrare l'attenzione sui vitigni autoctoni e andare incontro alle esigenze del consumatore per cercare di fidelizzarlo e renderlo sempre più vicino all'azienda che ci rappresenta". Massimo Ruggero, amministratore delegato di Siddùra, racchiude in un concetto il suo rapporto con i clienti. "Oggi i consumatori sono esigenti, informati, non ci si avvicina al mondo del vino in maniera improvvisata. Nella maggior parte dei casi sono consapevoli, ad esempio, di trovarsi davanti a un vitigno autoctono e vogliono scoprire quali siano le sfumature secondo i metodi di vinificazione di Siddùra", spiega . Le vinificazioni per l'azienda gallurese sono infatti continue prove e sperimentazioni per aumentare la qualità.
Ruggero traccia un piccolo identikit. "Chi beve vino si divide in due categorie: minimalista oppure più riflessivo. Il primo vuole una risposta immediata e quindi è più vicino a uno Spèra, un vermentino fresco, minerale, sapido, diretto. Beve un sorso e in tre secondi ottiene la risposta. I secondi sono più per la degustazione, amano soffermarsi sul retrogusto, sorseggiare per comprendere le infinite sfumature di rossi e bianchi. La loro scelta cade allora su Maìa o Bèru, vini che hanno un periodo di affinamento un po' più lungo". Tra gli estimatori del Bèru, Ruggero cita il giornalista Bruno Vespa. "Un appassionato, intenditore e lui stesso produttore di vino. Abbiamo scoperto quasi per caso una sua recensione su Bèru nella rubrica sul settimanale Oggi. Se dovessi definirlo nella categoria dei consumatori, direi che è un consumatore da degustazione, riflessivo, un degustatore d'altri tempi".
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Siddùra