(ANSA) - CITTA DEL VATICANO, 06 OTT - Fedor Dostoewskij era affascinato dalla personalità di Gesù Cristo e, anche per questo, scelse gli "ultimi" della terra come protagonisti dei suoi romanzi. Negli anni del carcere unica lettura fu un Nuovo Testamento sul quale impresse "circa millecinquecento riflessioni e non avendo un mezzo con cui scrivere lo fece con le unghie". Lo ha raccontato il metropolita Hilarion, presidente del dipartimento delle Relazione esterne del Patriarcato di Mosca, in un evento in Vaticano, presso l'Accademia Sapientia e Scientia, con il Segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, per la presentazione del libro "Fedor Dostoevskij" di Vladimir Solov'ev, edito da Cantagalli. Solov'ev, tra i massimi filosofi russi dell'Ottocento, più giovane di Dostoewskij di oltre trent'anni, ne fu il grande discepolo spirituale.
Parolin ha ricordato come Papa Francesco abbia menzionato spesso, fin dall'inizio del pontificato, lo scrittore russo che "ha saputo leggere in profondità l'animo umano. I personaggi dei suoi romanzi sono testimoni della bellezza della fede travolgente dei cristiani", ha evidenziato il Segretario di Stato. "Nelle sofferenze ha mostrato la forza risanante dell'unico vero amore, quello di Cristo, che dà all'umanità ferita quello di cui ha bisogno". Il Segretario di Stato vaticano ha anche colto l'occasione per rilevare "al di là delle differenze, la fraternità" con il Patriarcato di Mosca.
Il metropolita Hilarion ha sottolineato che, leggendo i romanzi di Dostoewskij, si può vedere "quanto fu influenzato dalla personalità di Cristo: più che dalla dottrina era colpito dalle virtù cristiane. E' diverso dagli altri scrittori russi perché ha approfondito la sostanza della vita popolare e, insieme, la figura di Cristo. Mentre gli altri grandi scrittori russi erano nobili e scrivevano nei loro romanzi della vita dei nobili, Dostoewskij si trovò nel basso della piramide sociale.
Conosceva il popolo, aveva vissuto col popolo" soprattutto negli anni della prigione.
Il libro, edito da Cantagalli e a cura di Giuseppina Cardillo Azzaro e Pierluca Azzaro, ripropone tre discorsi del filosofo Valdimir Solov'ev scritti tra il 1881 e il 1883. "A me pare che non sia lecito guardare solo e semplicemente a Dostoewskij - scriveva Solov'ev - come a un autore di romanzi, come a un letterato dotato di talento e d'intelligenza. C'era il lui qualcosa di più grande". (ANSA).