TRIESTE - Elevati livelli d'indebitamento pubblico e privato (pari a tre volte il Pil mondiale), tensioni valutarie e instabilità geopolitica, con l'aumento del tasso di violenza e novità che possono avere impatti economici rilevanti, dalla nuova politica commerciale americana all'avvio della Brexit. Sono questi i principali fattori di rischio per l'export italiano, soprattutto per le imprese che si rivolgono ai mercati emergenti, secondo la "Country Risk Map 2017" elaborata da Sace, finanziaria del Gruppo Cassa depositi e prestiti, che si occupa di sostenere la vendita di beni all'estero da parte delle aziende nazionali.
La mappa è stata presentata oggi a Trieste dal Chief Economist di Sace, Alessandro Terzulli, che ha parlato di "mondo rischioso e incerto, caratterizzato da un forte ripensamento della globalizzazione e dal ritorno in auge delle politiche protezioniste", con particolare riguardo a prodotti elettronici e veicoli. Secondo Sace, lo scorso anno nell'area del G20, è stata introdotta una misura protezionistica ogni quattro giorni: i paesi più attivi da questo punto di vista sono Stati Uniti, India, Russia, Argentina e Brasile.
Aumentano, invece, i rischi nelle aree Medio Oriente e Nord Africa, tuttavia Terzuli non vede l'export destinato a ridimensionarsi, purché supportato da "strumenti più evoluti per l'assicurazione dei rischi e se si troveranno nuove direttrici di sviluppo". A questo proposito l'economista ha invitato le imprese ad analizzare i mercati più fertili per i rispettivi campi di attività, indicando fra le migliori opportunità commerciali quelle offerte dai paesi andini (Perù e Cile), dall'Europa orientale (Repubblica Ceca e Polonia), Africa subsahariana (Kenya), Medio Oriente (Arabia, Emirati e Qatar) e Asia (Cina, India, Indonesia, Vietnam, Filippine e Corea del Sud).
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