Non è più il tempo in cui si diceva,
tornando a casa, "ma senti che buon odorino, chissà cosa cucina
il vicino". Con la pandemia e le permanenze forzate in casa,
sono aumentare le liti condominiali e, tra le altre ragioni,
sono proprio gli odori di cucina a scatenare la guerra tra i
vicini, tanto che quasi il 60% degli amministratori deve mettere
pace tra condòmini a causa di cibi etnici, grigliate, ma anche
aglio e cipolla. Lo rivela un sondaggio effettuato dall'Anammi,
l'Associazione Nazional-europea AMMinistratori d'Immobili, sulla
base di un'indagine tra i suoi 13mila amministratori associati.
"Queste liti non vanno sottovalutate - commenta Giuseppe Bica,
presidente dell'Anammi in una nota - pesano sul clima che si
crea in condominio e tra vicini di casa, incidono sulle
assemblee di condominio e possono sfociare in denunce, destinate
a rivelarsi inconcludenti e costose".
A mettere l'uno contro l'altro i condòmini è sempre un aroma
sgradito, che arriva dalla cucina di un appartamento (77,8%).
Meno frequente, invece, che l'odore arrivi da un ristorante
(22,13%).Al primo posto, tra gli odori sgraditi il 58,2% degli
amministratori ha indicato i cibi etnici per gli odori
persistenti, seguiti però (il 20,7%) da frittura e grigliata. A
distanza, seguono la cipolla (8,4%), il cavolfiore (7,84%) e
l'aglio (4,7%).
La lite causata dagli odori ha però un pregio: nella maggior
parte dei casi, si ricompone. Quasi un terzo degli intervistati
(29%) afferma che si riesce a dirimere sempre la controversia,
oltre la metà (55,7%), nella sua esperienza, risponde di esserci
riuscito almeno in alcuni casi.
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