'L'Atelier' di Laurent Cantet è un film ad alta morbosità sentimentale, ma solo per raccontare l'attualità politica, i giovani francesi del dopo Bataclan. Eppure non succede troppo in quest'opera dell'autore de 'La classe' (Palma d'oro a Cannes dieci anni fa), in sala con Teodora dal 7 giugno dopo essere passato a Cannes a Un Certain Regard. Ne L'Atelier, infatti, il regista francese utilizza quasi sempre colori acquarello, sfumati, ma non per questo non colora bene l'oggi.
Due i protagonisti principali: Olivia Dejazet (Marina Fos) e Antoine (Matthieu Lucci). La prima è un'affermata autrice di gialli, cinquantenne borghese che sceglie di tenere un laboratorio di scrittura a La Ciotat, città del sud della Francia nota un tempo per i cantieri navali, ma ormai in piena crisi economica. Antoine è invece uno dei suoi studenti, il più introverso e talentuoso, della piccola pattuglia di aspiranti scrittori multi-etnici di Olivia. Legato idealmente alla destra, il ragazzo spesso litiga con i suoi compagni di corso di origine araba, cita a un certo punto la strage del Bataclan, gioca con una pistola, ma in realtà è solo un disadattato, uno che ha in comune coi suoi compagni di corso più di quanto voglia ammettere: la mancanza di futuro, di lavoro, e questo all'interno di una società che diventa ogni giorno più cattiva.
Il nichilismo assoluto di Antoine lo rende sempre più violento e la borghese Olivia inevitabilmente ne è attratta, si interessa a lui, entra nel suo Facebook, lo studia.
E tutto questo all'ombra di una città operaia, una volta orgogliosa dei suoi cantieri navali che davano lavoro a tutti e facevano varare enormi petroliere e che ora costruiscono solo yacht per ricchi. Nel film la situazione tra Olivia e Antoine a un certo punto sfugge drammaticamente di mano ad entrambi e si sfiora la tragedia.
"Il film è ambientato a La Ciotat che alla fine degli anni '80 ha vissuto una grande stagione di lotte operaie dopo la chiusura dei cantieri navali - spiega Cantet -. Il nostro obiettivo era testimoniare la trasformazione radicale di una società che, probabilmente a causa della crisi politica ed economica, non ha più alcun rapporto con quel mondo del passato, un mondo che le vecchie generazioni vorrebbero che non scomparisse. Quello che dicono i giovani partecipanti al laboratorio di scrittura - sottolinea il regista - è che non vogliono farsi carico di quel passato che non gli appartiene in nessun modo. Oggi infatti - conclude Cantet - devono confrontarsi con una serie di problemi completamente diversi: trovare il proprio posto in un mondo che ha per loro una scarsa considerazione, avere la sensazione di non aver nessun controllo sulle cose e tantomeno sulle proprie vite. Ma soprattutto sono costretti a confrontarsi con la società violenta e lacerata da terribili questioni politiche e sociali".
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