La storia del vero artefice del
ghetto ebraico di Firenze (1571) raccontata dall'archivista e
paleografa Ippolita Morgese. E' 'Nessuno sa di lui' (Le Lettere,
158 pagine, 14,50 euro), libro che ripercorre la vita privata e
pubblica di Carlo Pitti. Grazie al ritrovamento del suo archivio
privato, l'autrice compone un ritratto fino a oggi sconosciuto
sul ruolo determinante di Pitti, che fu uno dei membri del
Magistrato supremo, organo giudiziario per eccellenza dello
Stato Mediceo, e ricostruisce cause e ragioni della creazione
del ghetto.
Il volume - che sarà presentato il 24 gennaio a Firenze, alla
Scuola Scuola Fenysia, con Amedeo Spagnoletto, rabbino capo
della comunità ebraica fiorentina mentre il 27 gennaio, Giorno
della memoria, reading al Museo del 900 a cura di Sergio
Risaliti - racconta un mondo di intrighi e destini basandosi sui
diari manoscritti originali di Carlo Pitti, e anche il milieu
dell'epoca, con la descrizione di abitudini, tradizioni
familiari e usanze di vita nel secondo '500. Ripercorrendo
l'intera storia del ghetto di Firenze - voluto da Cosimo I dei
Medici che, per ottenere il titolo di granduca, muta
all'improvviso la sua politica di accoglienza verso gli ebrei -,
evidenzia il ruolo di Pitti che opera dietro le quinte, firma e
produce rapporti, inchieste, richieste e memoriali: è lui a
investigare sui banchieri ebrei che operano in Toscana, a
ordinare il censimento di quelli che vivono nello Stato Mediceo,
a stilare la bozza del decreto di espulsione. I suoi dossier
porteranno Cosimo I a compiere il verdetto definitivo: la
chiusura dei banchi ebraici, l'espulsione degli israeliti,
l'istituzione del ghetto. Un fedele cortigiano e un astuto
mediatore, per Morgese, il quale, operando nell'ombra ha
navigato i corridoi del potere fino a ricoprire quasi tutti i
settori della vita pubblica.
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