Le donne, sono il 72,4% dei
lavoratori nella sanità e dell'istruzione e il 69,1% nei servizi
destinati alla persona. Nei settori chiave del nuovo sociale
lavorano circa 3,8 milioni di donne rispetto 1,5 milioni di
uomini. Ma l'Italia è, con l'11,1% delle donne che non lavora
per prendersi cura dei figli, "il paese europeo dove più donne
sono costrette a rinunciare a un impiego" i bambini (in
Danimarca è lo 0,9%, in Francia lo 3,5% e nella media europea
3,7%). E' quanto ricordano i dati di Eurostat elaborati da Rur
nella ricerca "Le energie femminili indispensabili per
ripartire"
Per colmare il divario con l'Europa nell'occupazione femminile
sarebbero necessari 1.617.000 nuovi posti di lavoro destinati
alle donne, mentre se si volesse dimezzare il divario
servirebbero 250.000 nuove occupate l'anno per il prossimo
triennio.
Lo studio sottolinea come "nel ripensare ai cambiamenti
strutturali necessari a ridare slancio alla nostra economia, un
ruolo decisivo dovrà ricoprire il sostegno all'occupazione e
all' imprenditorialità femminile", che dipendono anche da
fattori extra-economici, come i servizi per l'infanzia e dalla
scuola.
Non solo. La distribuzione regionale dell'impiego delle donne
offre un ulteriore elemento rispetto alle strategie d'uscita dal
lockdown: basti confrontare il tasso d'occupazione femminile
della Provincia Autonoma di Bolzano (67,9%) o dell'Emilia
Romagna (64,1%) e quello di un'altra regione che gode di ancora
maggiore autonomia come la Sicilia (29,8%). "Un intervento da
mettere in cantiere -chiede quindi lo studio-) è quello di
incentivare occupazione e imprenditorialità femminile nel
Mezzogiorno.
"Se davvero ci sarà un A.C. (Ante Covid) e un D.C. (Dopo Covid)
dovremmo immaginare un futuro sostenuto da un'economia
maggiormente profilata sui bisogni di un nuovo sociale - ha
commentato il presidente della RUR Giuseppe Roma - in cui
conterà la salute, il sapere, lo smart working, la cultura,
ambiti dove offrono un contributo decisivo le donne"
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