Crescono in Umbria le dimissioni
dal lavoro, con un fenomeno soprattutto maschile, ed anche le
persone scoraggiate e demotivate, soprattutto donne, che non
cercano lavoro. La pandemia anche in Umbria ha lasciato il
segno, con alcuni fenomeni "che devono essere letti con
attenzione", come ha affermato la ricercatrice Aur Elisabetta
Tondini durante l'illustrazione della nuova Relazione economica
e sociale dell'Agenzia Umbria Ricerche.
Mentre da un lato, come emerge dal rapporto, il lavoro è
finalmente ripartito, con la ripresa del mercato "in Umbria più
che altrove", il riadattamento delle persone a una nuova
normalità "sembra essere un processo più lento e più complicato,
oltreché più complesso, e gli sviluppi delle vicende
geopolitiche dell'oggi non stanno certo agevolando questo
cammino", ha spiegato Tondini.
Il mercato del lavoro, già a partire dal secondo semestre 2020,
si è riattivato, tornando a esprimere manifestazioni
fisiologiche dopo i fenomeni apparentemente contrastanti occorsi
durante il lockdown (crollo dell'occupazione ma anche
diminuzione della disoccupazione). Il 2021 è stato per l'Umbria
un anno di crescita degli occupati che a fine anno hanno toccato
quota 356.600.
Nel 2021 le dimissioni dal lavoro in Umbria - quasi un terzo
delle cessazioni totali - sono aumentate rispetto al 2019 del
20% (12% in Italia).
Isolando i soli tempi indeterminati, nel 2021 le dimissioni
hanno finito per costituire il 73% delle cessazioni (il 69% in
Italia), con una crescita rispetto al 2019 pari al 18% (12% in
Italia).
Un fenomeno che, secondo la ricercatrice Aur, "sottende altro
come la ricerca di condizioni economiche più favorevoli, ed in
Umbria uno dei motivi principali sembra questo vedendo anche il
livello basso di retribuzioni del mercato del lavoro, di 10
punti al di sotto della media nazionale". Continuano poi a
calare in Umbria le persone in cerca di lavoro: si tratta di
persone che hanno interrotto la ricerca attiva o momentaneamente
impossibilitate a lavorare. Crescono tuttavia le difficoltà dei
laureati: la percentuale di disoccupati con titolo di studio
terziario nel 2021 ha superato il 21%, il dato più elevato tra
tutte le regioni.
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