Il coronavirus si sta rivelando un detonatore delle tensioni fra l'amministrazione egiziana e i media occidentali già da tempo nel mirino della censura.
"I censori innestano la quinta sulla copertura del coronavirus", titola oggi il sito Monitor Pulse, segnalando due pressioni esercitate dall'Ufficio stampa statale egiziano (Sis) soprattutto sul quotidiano britannico Guardian ma anche sullo statunitense New York Times. Come riferito questa settimana dal sito del principale quotidiano governativo egiziano, al Ahram, "il Sis ha revocato l'accredito al corrispondente del Guardian al Cairo e ha lanciato un avvertimento al capo dell'ufficio (di corrispondenza) del NYT per aver pubblicato "stime inaccurate sul numero di casi di coronavirus in Egitto".
Il quotidiano britannico domenica aveva pubblicato un articolo sostenendo che le infezioni da Covid-19 nel Paese erano più alte di quelle indicate nelle cifre ufficiali e, citando esperti canadesi, parlava di 19.300 casi rispetto ai 126 indicati in quei giorni dal ministero della Salute egiziano. Lo studio canadese era stato twittato dal corrispondente del Nyt, Declan Walsh.
Il Servizio di informazione dello Stato (Sis) aveva definito "deliberatamente fuorviante" l'articolo del Guardian e preteso delle scuse. Il Sis in passato ha avuto attriti anche con Reuters, Bbc e Times. L'Egitto viene collocato al 163/o posto su 180 nella classifica mondiale della libertà di stampa di 'Reporters sans frontieres' e, assieme a Turchia, Arabia Saudita e Cina, fra i quattro Paesi che arrestano più giornalisti secondo il 'Committee to protect journalists'.
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