(di Michele Cassano)
ALESSANDRO BARBANO, TROPPI DIRITTI -
L'ITALIA TRADITA DALLA LIBERTA' (MONDADORI, 181 PP, 18 EURO)
Un paese tradito dalla libertà, in cui nessuna elite ha il
coraggio di dire il vero e di fare i conti con minoranze
organizzate sotto la bandiera dei diritti acquisiti. E' lo
scenario che Alessandro Barbano, direttore de Il Mattino,
traccia nel suo ultimo libro. Un scenario di declino, avverte
l'autore, secondo il quale l'ipertrofia di diritti, il
'dirittismo', ha infiltrato tutte le culture politiche del
nostro tempo, bloccando ogni tentativo di riscatto della
società.
Dal riformismo che guarda ai penultimi invece che agli
ultimi, al liberalismo che ha declinato la propria azione in una
prospettiva egoistica, ai populisti che hanno usato la clava dei
diritti contro la delega, che è l'essenza della democrazia:
tutto - sostiene il giornalista - marcia verso una degenerazione
della democrazia nella quale ai diritti non corrispondono
altrettanti doveri. "Se i doveri non ci sono - afferma Barbano
-, i diritti finiscono con il diventare pretese esibite in
pubblica piazza, spesso in contraddizione l'una con l'altra".
"Nelle democrazie moderne - prosegue l'autore - il principio
di autorità è caduto. Ciò è anche un bene da un certo punto di
vista. Ora, però, i diritti, da carburante delle democrazie,
rischiano di diventare fucili puntati contro di esse". A
determinare questa deriva è stata anche l'evoluzione
tecnologica. Un matrimonio a perdere tra diritti e tecnologia:
come nel caso dell'utero in affitto, tutto ciò che è possibile
diventa giusto. Ecco dunque l'allarme di Barbano: se la tecnica
non viene governata, si rischia di diventare schiavi di queste
dinamiche.
La tecnica apre nuove possibilità e i diritti occupano tutti
gli spazi possibili, dando nuovo carburante all'aspirazione a
un'informazione sempre più disintermediata. Uno stato delle cose
che favorisce il proliferare delle fake news e dei contenuti
piratati e fa cadere la mediazione del sapere. E' la morte del
giornalismo - secondo l'autore -, determinata dall'utopia di un
giornalismo diffuso che consente a tutti di immortalare e
raccontare la realtà. Il Movimento 5 stelle - spiega ancora
Barbano - ha utilizzato questo strumento magnifico che è la
'democrazia internettiana', costruendo un'utopia che è risultata
credibile nelle urne. Un partito che ha disintermediato il
rapporto tra massa ed elite, pur nascondendo, dietro questa
disintermediazione di fatto, una gestione verticistica.
Ecco perché, secondo il giornalista, i 5 Stelle sono una
malattia della democrazia e l'effetto del declino delle culture
tradizionali riformiste e liberali che hanno governato male.
Nella prospettiva dei 5 Stelle qualsiasi riferimento ideologico
e progettuale non esiste. La politica debole, schiava del
consenso, insegue la piazza e cede a ogni tentativo di blindare
il consenso. Tutto cambia in fretta ma nulla in realtà si muove,
aumenta la distanza tra le promesse della politica e la realtà:
si sogna di più e si ottiene sempre di meno.
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