Debutta venerdì primo ottobre
'Faust rapsodia' (repliche il 2 e 3), seconda del trittico di
prime - dopo 'Dante Metànoia' di Sergei Polunin e in attesa di
'Paradiso XXXIII' di Elio Germano e Teho Teardo - che guida la
Trilogia d'Autunno tra i linguaggi della danza, della musica e
della parola per coronare la dedica a Dante della 32/a edizione
di Ravenna Festival. Il dantesco viaggio di Faust, un mosaico
composto di numeri dall'incompiuto oratorio profano di Schumann
e quadri dal poema di Goethe, è affidato alla regia di Luca
Micheletti e alla direzione di Antonio Greco, sul podio
dell'Orchestra Giovanile Luigi Cherubini e del Coro Cherubini.
Si dividono i panni di Faust il baritono Vito Priante e l'attore
Edoardo Siravo; a Margherita dà corpo e voce il soprano Elisa
Balbo; il basso Riccardo Zanellato e l'attore Roberto Latini
sono il doppio volto di Mefistofele. Le tre serate si aprono
nella Basilica di S.Francesco con 'Quanto in femmina foco
d'amor', breve azione scenica sulle figure femminili della
Commedia, che precede l'appuntamento in Teatro.
"Faust ha una fisionomia incredibilmente cangiante - dice
Micheletti - Come spesso avviene nei miti, un racconto univoco e
ordinato è impossibile; possibile è solo l'esplorazione di una
galassia tematica, zeppa di varianti e incongruenze, metamorfosi
e ambiguità. Lo stesso Goethe s'abbandona all'apparentemente
disordinata giustapposizione di episodi e stili, ritesse una
trama che si trasfigura in autobiografica riflessione sul sé
creativo dell'artista, i suoi tormenti e i suoi approdi, i suoi
intimi patemi e le sue ambiziose aspirazioni". Il termine
rapsodia suggerisce il carattere visionario della nuova
produzione, capace di rispecchiare la vocazione frammentaria
delle opere originali. Se, proprio come Dante, Faust conosce la
redenzione per tramite della donna amata, è alle figure
femminili della Commedia che si ispira 'Quanto in femmina foco
d'amor', ideale ponte che unisce la Basilica che ospitò i
funerali del Poeta sette secoli fa al palcoscenico del Teatro
Alighieri, riconoscendo in Dante e Faust due fra i più grandi
esploratori dei confini dell'umano.
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