LORENA CARBONI, "L'OSPITE
INDELICATO" (NEM EDIZIONI, PP.109, EURO 15)
Una poeta e una coralità di voci fuori campo, singolare e
plurale, maschile e femminile. Una folla di anime, un
intrecciarsi di teste pensanti, vicissitudini e identità
fluttuanti. Uno sguardo - ravvicinato e distante - su un'umanità
dove "ognuno prova a dare una forma al proprio materiale
esistenziale". Disegna questo e altri scenari Lorena Carboni,
scrittrice sardo-lombarda ne "L'ospite indelicato", sua terza
raccolta poetica, edizioni Nem per la collana Presenze.
L'autrice - madre milanese, padre sardo, vive e lavora nel
capoluogo lombardo - dà spazio agli artisti che predilige, si
alterna al fratello, all'amico poeta, al compagno di una vita,
all'amica di sempre, suoi alter ego, per dar vita a una sorta di
gioco delle illusioni. Un continuo "dentro e fuori", "vero e
finto", "assenze e presenze".
Tuttavia il racconto procede lineare: Carboni ordina le
storie, le incasella. "Archivia" pezzi di esistenze che
riportano all'idea ora dell'autodistruzione e dell'annullamento
ora del rifugiarsi o desiderare di essere ancora "presenza
viva". Viaggio tra storie personali, familiari, universali.
Tradotte in versi creano una musica e tracciano, come una
puntina sul solco di un vinile, un'impronta cinematografica e
pittorica, tra Richter, Bacon, Chardin, Morandi. Un mondo delle
immagini dove la sostanza artistica e culturale si contrappone
ai diktat della civiltà dell'apparire, degli "io" dilaganti, del
narcisismo che trova sempre finestre, porte socchiuse, squarci,
fessure, per insinuarsi nelle esistenze. E che non sfugge
nemmeno davanti alla rappresentazione della morte.
A far da sottofondo ai versi, le vite degli altri, spiate,
scovate nelle cronache in bianco e nero o nei cassetti di
scrivanie d'antan. Ancora, dipinte nel loro dispiegarsi di ali
verso un altrove desiderato, inseguito, tra cielo, mare, specchi
argentati, linee di confine da oltrepassare. Aggancia una storia
all'altra l'autrice per far riaffiorare frammenti di un passato
in qualche modo rimosso. Convivono nelle 108 pagine scarni
spunti biografici e personali e suggestioni di epoche, fatti,
luoghi, persone, idee. In questo gioco del perdersi, annullarsi,
affiora, anche se opaca e intermittente, una luce: l'impulso di
volgere lo sguardo oltre le linee di confine per strappare al
passato e al presente ancora altri pezzi di vita. La parola
poetica prende forma, si fa immagine, scarnificata, sfrondata,
quasi un vangoghiano filo d'erba, per trovare quella bellezza
poco abbagliante ma essenziale e viva.
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