SARA CANFAILLA/JOLANDA DI VIRGILIO,
NON E' QUESTO CHE SOGNAVO DA BAMBINA (Garzanti, pp.288, 16.90
euro). "Un lavoro. Forse è questo che significa diventare
adulti. Ti siedi qui, lo accetti. Non farai quello che avresti
voluto fare, non sarai quello che avresti voluto essere. Ma
sarai qualcuno". E' una vera immersione nella faticosa e spesso
frustrante realtà lavorativa vissuta dai giovani di oggi "Non è
questo che sognavo da bambina", il romanzo d'esordio di Sara
Canfailla e Jolanda Di Virgilio, edito da Garzanti. Con uno
stile brillante e un passo coinvolgente, senza alcun intento
consolatorio ma con uno sguardo ironico e dissacrante, le due
autrici delineano una storia semplice, che ha il sapore
dell'autenticità: al centro del romanzo c'è Ida, neolaureata,
coinquilina, fuorisede e precaria, che accetta uno stage come
social media manager in un'importante agenzia di comunicazione
di Milano. La ragazza, che sognava di fare la sceneggiatrice,
decide che è arrivato il momento di crescere e accettare i
compromessi che la vita lavorativa impone agli adulti: i sogni
restano sogni e forse non si realizzeranno, perché bisogna
andare avanti, anche se le cose non vanno nella direzione
sperata. Ma a volte, anche se accontentarsi e convincersi che è
finito il tempo dei "capricci" sembra essere la strada più
saggia, i sogni escono dal cassetto e tornano alla ribalta,
prepotenti, a ricordarci chi siamo veramente: ed è quello che
Canfailla e Di Virgilio, in un romanzo che davvero "fotografa"
il mondo del lavoro e le amarezze dei precari, fanno accadere
alla loro protagonista, una ragazza come tante, a cui la società
sembra voler negare anche solo un'opportunità di mostrare il
proprio talento. Se si ha coraggio di rischiare, però, può
valere la pena tornare a essere se stessi: ed è questa la
speranza che anima il romanzo, la cui storia fa riflettere,
senza drammi ma anche senza indulgenze.
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