/ricerca/ansait/search.shtml?tag=
Mostra meno

Se hai scelto di non accettare i cookie di profilazione e tracciamento, puoi aderire all’abbonamento "Consentless" a un costo molto accessibile, oppure scegliere un altro abbonamento per accedere ad ANSA.it.

Ti invitiamo a leggere le Condizioni Generali di Servizio, la Cookie Policy e l'Informativa Privacy.

Puoi leggere tutti i titoli di ANSA.it
e 10 contenuti ogni 30 giorni
a €16,99/anno

  • Servizio equivalente a quello accessibile prestando il consenso ai cookie di profilazione pubblicitaria e tracciamento
  • Durata annuale (senza rinnovo automatico)
  • Un pop-up ti avvertirà che hai raggiunto i contenuti consentiti in 30 giorni (potrai continuare a vedere tutti i titoli del sito, ma per aprire altri contenuti dovrai attendere il successivo periodo di 30 giorni)
  • Pubblicità presente ma non profilata o gestibile mediante il pannello delle preferenze
  • Iscrizione alle Newsletter tematiche curate dalle redazioni ANSA.


Per accedere senza limiti a tutti i contenuti di ANSA.it

Scegli il piano di abbonamento più adatto alle tue esigenze.

La fotografia 'che evoca', un Cartier-Bresson mai visto

La fotografia 'che evoca', un Cartier-Bresson mai visto

Lunedì su Rai5 eccezionale intervista riemersa dalle Teche Rai

ROMA, 23 maggio 2024, 22:07

di Mauretta Capuano

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

È la fotografia in cui "si evoca" quella che interessa a Henri-Cartier-Bresson, perché "non è una fotografia in cui si prende, ma che prende noi, che ci afferra" racconta il grande fotografo allo storico della fotografia Romeo Martinez in un eccezionale ritrovamento dalle Teche Rai. A vent'anni dalla morte di Cartier-Bresson, avvenuta il 3 agosto 2004, il documentario-intervista del 1964 si potrà vedere, lunedì 27 maggio alle 19.20 su Rai 5 , per la serie 'Dorian'.
    'Henri Cartier-Bresson e il mondo delle immagini' con i testi di Giorgio Bocca e la regia di Nelo Risi, è un preziosissimo documento in cui l'uomo che ha rivoluzionato il mondo dell'immagine si concede - fatto più unico che raro - alle domande dell'intervistatore e alla macchina da presa.
    In questo ritratto di "un uomo in ombra che vuole restare in ombra per necessità e per gusto" Cartier-Bresson dice a Martinez, a lungo direttore della rivista Camera, morto nel 1990: "Parliamo di quello che vuole, ma non di me". Di spalle o dietro a una colonna che fa intravedere la faccia, l'ombroso e schivo fotografo normanno parla della sua visione del mondo della fotografia che è per lui "un mezzo per disegnare", "che sta alla pittura come le impronte digitali a un ritratto".
    È qualcosa "tra la pelle e la camicia. È vero, è il contatto immediato, l'essere nella realtà, nella vita, quello che conta" dice facendo riferimento a Robert Capa che aveva conosciuto nel 1933. Con lui nel 1947 aveva fondato l'agenzia fotografica Magnum in cui si coniugano il coraggio di Capa e il gusto di Cartier-Bresson. Nei fotogrammi in bianco e nero ecco il laboratorio dove Cartier-Bresson stampava le sue fotografie e dove, pur detestando i tecnicismi si intratteneva con gli stampatori.
    Eccezionali le immagini dei suoi balletti fotografici mentre scatta alzandosi sulle punte dei piedi, facendo delle leggere torsioni su se stesso e poi via con un passo di danza che sono, dice la voce narrante "la descrizione più efficace del personaggio".
    Mentre parla scorrono le immagini di Capa, del muro di Berlino, della morte di Gandhi, dei viaggi in Cina, le foto iconiche, due ritratti di Alberto Giacometti. "Occorre fiuto , sensibilità intuitiva e fortuna sostenuta da cultura e alla fine la realtà" per cui "bisogna galoppare alla stessa velocità degli avvenimenti" racconta. Con la fotografia si prova "un piacere geometrico" e fa il paragone con "un torero che prende la mira per la stoccata perfetta".
    Dal documentario-intervista emergono anche la visione dei ritratti che "non sono mai all'insaputa. Il ritratto è nella conversazione e osservazione", il rifiuto di Cartier-Bresson per le foto shock che non hanno nulla a che vedere con "l'intensità che più ce ne è meglio è" e per l'uso del teleobiettivo che "è un trucco" e apre al tema di come la tecnica uccida l'arte.
    Omaggio anche ai suoi maestri, ai predecessori come i fotografi Eugène Atget ed Erich Salomon, con riferimenti anche a Nadar, alla pittura, all'impressionismo e al regista Jean Renoir. "Devo molto a Jean Renoir, non capisco molto di regia, ma la sua umanità mi ha influenzato enormemente".
    Il maestro che evoca, più che documentare, alla fine mostra la sua faccia e dice anche che la sua non è stata una "carriera, un mestiere, ma un piacere".
   

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

Da non perdere

Condividi

O utilizza