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Trastulli (Uilpa). La crisi del MiC si supera con la partecipazione dei lavoratori

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Trastulli (Uilpa). La crisi del MiC si supera con la partecipazione dei lavoratori

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Responsabilità editoriale di UILPA

06 dicembre 2022, 09:19

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Nell’ambito delle amministrazioni pubbliche il Ministero della Cultura è una delle più importanti istituzioni per dimensione, ruolo e funzioni. Eppure, da diversi anni sembra attraversare una crisi d’identità alimentata anche dall’atteggiamento spesso contraddittorio della politica nei confronti dello sterminato patrimonio artistico e culturale del nostro Paese. In questa intervista il Segretario Nazionale UILPA Federico Trastulli affronta senza reticenze i problemi del Ministero, sottolineando la capacità del sindacato di contribuire alla loro soluzione attraverso iniziative e proposte concrete. 

In circa vent’anni il Ministero della cultura è passato da 27mila dipendenti agli attuali 19mila. Quali sono gli effetti principali di questo svuotamento degli organici?

È presto detto: un generale impoverimento di tutte le linee di attività che sostanziano l’ordinaria amministrazione dei nostri Uffici. Uffici che, vorrei ricordare, sono disseminati sull’intero territorio nazionale. Pensi che solo gli Archivi di Stato sono ben centouno. Le recenti riforme organizzative, susseguitesi una dietro l’altra durante il mandato del ministro Franceschini, hanno moltiplicato le sedi prima ancora di verificarne l’operatività sia rispetto all’organico vigente che a quello programmato. Un organico, peraltro, fisiologicamente in diminuzione a causa dei pensionamenti. In breve, tali riforme organizzative non hanno previsto una pianificazione delle assunzioni adeguata agli obiettivi.

Tra i settori maggiormente sacrificati può indicarne uno?

La tutela, cioè la molteplice attività di protezione del nostro immenso patrimonio artistico-culturale. Il fatto che la tutela sia molto sacrificata ha risvolti pericolosi in termini di silenzio-assenso anche e soprattutto rispetto all’evasione di pratiche che coinvolgono l’utenza esterna. Un’utenza sia privata sia istituzionale, che fa rifermento al nostro Ministero per una pluralità di materie e che è incrementata dai sostegni economici previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Eppure sono anni che denunciate queste situazioni. La politica è davvero così sorda?

Sembrerebbe proprio di sì. Viene il sospetto che le iniziative previste – insufficienti rispetto alle necessità – rispondano a un disegno di generale disimpegno nei confronti della cosa pubblica e mirino ad “affidamenti d’urgenza” a professionalità private. Peccato che il tutto si trasformi in precariato, da un lato, e mancata trasmissione di competenze e conoscenze dall’altro. Il risultato è un impoverimento netto dell’amministrazione pubblica. Risultato che non credo sia frutto del caso.

Torniamo alle assunzioni. Cosa impedisce una seria politica programmazione?

Diversi fattori. Intanto, una consolidata propensione all’autoreferenzialità delle varie Direzioni Generali. Le quali si muovono con una logica di campanile invece di pianificare le assunzioni in funzione del volto che si vuole dare al Ministero nel medio-lungo termine. Aggiungiamo poi l’inesistente coinvolgimento del sindacato. Certo, sappiamo bene che i fabbisogni occupazionali sono una prerogativa datoriale, ma è ben vero che le Organizzazioni Sindacali sono rappresentate anche nei più piccoli uffici periferici, fanno da collettori dei problemi quotidiani, hanno una consolidata tradizione costruttiva. Noi vogliamo essere maggiormente coinvolti non per chissà quali reconditi motivi, ma per il comune interesse di rendere la macchina amministrativa efficiente ed efficace nell’erogazione di servizi culturali alla collettività.   

Nel contratto collettivo 2019-2021 un ruolo importante è rivestito dalla possibilità di intervenire sull’ordinamento professionale. Si tratta di un tema molto sentito dai lavoratori. Sul piano della concreta applicazione a che punto siete al Ministero della cultura?

Ci siamo mossi subito, consci delle difficoltà insite in un nuovo ordinamento professionale che deve tenere insieme sia esigenze di modernizzazione che il rispetto delle caratteristiche di una Amministrazione come la nostra, a fortissima vocazione tecnico-specialistica. Con la delegazione di parte pubblica abbiamo avviato una commissione bilaterale e stiamo lavorando a ritmo sostenuto.

Finalmente una buona notizia.

Sono fiducioso che si farà un ottimo lavoro e, se mi è consentito, devo fare un particolare apprezzamento per le proposte del sindacato, che mi sembrano decisamente efficaci in molti punti. Come UILPA abbiamo fatto la nostra parte, anche in considerazione del fatto che ho partecipato in sede ARAN al rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale. Vorrei aggiungere anche che, com’è nostra tradizione, abbiamo attivato canali di confronto con categorie specifiche di personale interno, proprio nel tentativo di realizzare un lavoro condiviso ed esigibile. Un lavoro che parte da specifiche proposte ma che deve tenere conto di eventuali richieste di emendamento da parte dei diretti interessati.

Nei primi due anni di pandemia le quarantene hanno spinto musei e altri istituti a investire nel digitale permettendo la fruizione a distanza del nostro patrimonio artistico-culturale. Ciò ha determinato una crescita dell’utenza collegata da remoto che si mantiene tuttora stabile. È soddisfatto per come si è attrezzato il Ministero al fine di rispondere a questa crescita?   

Intanto diciamo che la fruizione del patrimonio artistico-culturale con un virtual tour condotto dal computer di casa non è mai paragonabile con quella esercitata in presenza. Però si rischiava di vanificare le attività di valorizzazione pianificate fino al giorno prima dell’isolamento forzato. Dunque l’idea di affidarsi al digitale è stata necessaria e per certi versi molto felice perché ha consentito di non spezzare il rapporto dell’utenza con i luoghi della cultura. Un’utenza che, ci tengo a precisare, è cresciuta esponenzialmente nell’ultimo decennio. I risultati ottenuti ci hanno indotto a riflettere sulla formazione continua in tema di digitalizzazione e telematizzazione. Un aspetto trascurato o limitato agli addetti ai lavori, mentre invece ha dimostrato enormi potenzialità. Ma è necessario coinvolgere una platea di lavoratori più larga.

C’è qualcosa in particolare che non l’ha soddisfatta nelle iniziative del Ministero in tema di fruizione a distanza dei beni artistico-culturali?

Sì. Non sono molto soddisfatto dell’unilaterale scelta dell’Amministrazione di investire sulla piattaforma di contenuti ItsArt. Per prima cosa perché è costata moltissimo. Poi, perché allo stato attuale delle cose mi sembra di poter dire che i risultati previsti sono stati largamente mancati. Forse quei fondi si potevano investire diversamente, magari dopo un’analisi condivisa con i dipendenti dell’amministrazione. Non è solo una questione di democrazia. Se vuole è anche una questione tecnica perché abbiamo una forza-lavoro altamente qualificata dal punto di vista professionale. E non concedergli la parola è miope. Quando la politica si ostina a voler fare tutto da sola senza consultare il suo bene più prezioso, cioè i lavoratori, spesso impegna male il denaro dei contribuenti e altrettanto spesso perde occasioni per migliorare realmente la qualità dei servizi.

A cura dell’Ufficio comunicazione UIL Pubblica Amministrazione

Roma, 6 dicembre 2022

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