"Sul nostro pianeta esistono oltre 450 specie di squali conosciute e vivono in tutti gli ambienti acquatici. Quelli che subiscono l'impatto maggiore dalle attività antropiche sono i pelagici, che vivono in mare aperto perché subiscono gli interventi della pesca industriale, in primis le reti, in cui spesso rimangono impigliati", spiega. "Alcune specie sono state ormai decimate e per il pericolo di estinzione sono state inserite nella Lista Rossa dell'International Union for Conservation of Nature (IUCN). Lo squalo bianco è una specie considerata ormai a rischio estinzione, così come gli squali balena e elefante, le verdesche, il carcharhinus leucas o il longimano", afferma il biologo.
"Le loro uccisioni sono considerate 'catture accidentali' dalla pesca commerciale, si mettono le reti in mare per pescare atre specie e loro ci finiscono dentro, ma non è così - denuncia Angelini - perché in alcune regioni del mondo, in particolare nell'Oceano Indiano, ma non solo, gli squali sono addirittura catturati appositamente perché c'è una cultura che valorizza le pinne dei pescecani come cibo afrodisiaco e taumaturgico".
"Inoltre c'è una caratteristica legata alla riproduzione che li rende particolarmente vulnerabili: il fatto che i pesci cartilaginei come gli squali fanno poche uova, pochi piccoli e la maturità sessuale viene raggiunta dopo molti anni, sette, otto, nove, a volte dieci in alcune specie, perciò è altissimo il rischio che vengano catturati dall'uomo prima di riprodursi".
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