"E perfino le porte chiuse delle nostre comunità ecclesiali - ha proseguito il Pontefice -: chiuse tra di noi, chiuse verso il mondo, chiuse verso chi 'non è in regola', chiuse verso chi anela al perdono di Dio". "Per favore: apriamo le porte!", ha aggiunto, "Cerchiamo di essere anche noi - con le parole, i gesti, le attività quotidiane - come Gesù: una porta aperta, una porta che non viene mai sbattuta in faccia a nessuno, una porta che permette a tutti di entrare a sperimentare la bellezza dell'amore e del perdono del Signore". "Ripeto questo soprattutto a me stesso, ai fratelli vescovi e sacerdoti: a noi pastori", ha detto ancora Francesco. "Perché il pastore, dice Gesù, non è un brigante o un ladro; non approfitta, cioè, del suo ruolo, non opprime il gregge che gli è affidato, non 'ruba' lo spazio ai fratelli laici, non esercita un'autorità rigida".
"Incoraggiamoci ad essere porte sempre più aperte: 'facilitatori' della grazia di Dio, esperti di vicinanza", ha esortato. "Lo dico anche ai fratelli e alle sorelle laici, ai catechisti, agli operatori pastorali, a chi ha responsabilità politiche e sociali, a coloro che semplicemente portano avanti la loro vita quotidiana, talvolta con fatica: siate porte aperte", ha concluso il Papa. "Lasciamo entrare nel cuore il Signore della vita, la sua Parola che consola e guarisce, per poi uscire fuori ed essere noi stessi porte aperte nella società. Essere aperti e inclusivi gli uni verso gli altri, per aiutare l'Ungheria a crescere nella fraternità, via della pace".
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