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Vucic all'Onu, 'in Kosovo violato diritto internazionale'

Vucic all'Onu, 'in Kosovo violato diritto internazionale'

Kurti, 'sostegno Belgrado ai serbi potrà continuare'

BELGRADO, 09 febbraio 2024, 12:06

Redazione ANSA

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© ANSA/EPA

Il presidente serbo Aleksandar Vucic, intervenendo a una seduta straordinaria del consiglio di sicurezza dell'Onu, ha denunciato l'estrema precarietà della situazione in Kosovo, dove a suo dire la locale popolazione serba viene quotidianamente oppressa e perseguitata dalle misure ostili e discriminatorie del governo di Albin Kurti. Ultima quella relativa alla messa al bando del dinaro, la valuta serba che circola in parallelo all'euro, adottato da Pristina per convenzione nel 2002.
    Una situazione quella del Kosovo, ha osservato Vucic, che è in aperta violazione della Carta delle Nazioni Unite, del diritto internazionale e della risoluzione 1244 adottata dal consiglio di sicurezza alla fine della guerra nel 1999 e che è ancora in vigore. In base a tale risoluzione, ha ricordato il presidente, il Kosovo è parte integrante della Serbia, un territorio posto sotto amministrazione internazionale. E' stata questa la ragione che ha indotto Belgrado a chiedere la seduta del consiglio di sicurezza, alla quale a rappresentare Pristina vi era il premier Kurti. Il dinaro, ha affermato Vucic, è la valuta e il mezzo di pagamento legale in circolazione in Serbia, e per questo non può essere vietato in Kosovo, un territorio che fa parte della Serbia. L'euro al contrario, ha aggiunto, è stato introdotto in Kosovo illegalmente con una decisione unilaterale della dirigenza di Pristina. Cosa questa, per Vucic, confermata dalle informazioni ufficiali di Ue e Bce secondo cui il Kosovo utilizza l'euro dal 2002 quale propria valuta de facto. Secondo il presidente, la messa al bando del dinaro è una "decisione pericolosa" che mette a rischio la sopravvivenza di decine di migliaia di serbi del Kosovo che ricevono direttamente dall'amministrazione serba a Belgrado salari, pensioni e sussidi. E minaccia la formazione della Comunità delle municipalità serbe in Kosovo, un punto cruciale previsto dall'importante accordo del dialogo fra Belgrado e Pristina del 2013.
    Il premier kosovaro Albin Kurti, nel suo intervento al consiglio di sicurezza dell'Onu, ha detto che le restrizioni sul dinaro serbo e l'affermazione dell'euro quale unica valuta in circolazione in Kosovo "non impedisce in nessun modo" alla dirigenza di Belgrado di continuare a sostenere i serbi del Kosovo.
    Le ultime misure della Banca centrale del Kosovo, ha aggiunto, sono state adottate per consentire la piena trasparenza delle finanze pubbliche. "Faremo di tutto per consentire che i serbi del Kosovo continuino a ricevere gli aiuti dalla Serbia. Siamo impegnati a trovare il modo migliore affinchè tali transazioni proseguano", ha affermato il premier, che al tavolo del consiglio di sicurezza era presentato col solo nome e cognome, senza la sua funzione.
    Il Kosovo, che ha proclamato unilateralmente l'indipendenza dalla Serbia il 17 febbraio 2008, non è membro delle Nazioni Unite. La Banca del Kosovo, ha osservato Kurti, ha fatto pervenire alla Banca nazionale serba una nota in cui si propone un periodo transitorio al fine di informare la popolazione serba, senza imporre sanzioni. E con riferimento alle accuse di persecuzione e spopolamento dei serbi costretti ad andar via, il premier ha detto di ritenere che l'emigrazione dei serbi del Kosovo sia da collegare con la "ricerca di migliori condizioni economiche", a cominciare dai paesi dell'Europa occidentale, e non con una "presunta pulizia etnica", come sostenuto da Belgrado. Il suo governo, ha ancora detto Kurti, mira alla costruzione in Kosovo di una società multietnica basata sulla democrazia e lo stato di diritto, e "condivide i frutti del progresso con i rappresentanti delle minoranze" presenti nel Paese. E per le comunità serbe in Kosovo sono diretti milioni di euro per "svariati progetti". Kurti ha quindi invitato il presidente serbo Aleksandar Vucic, presente alla seduta del consiglio di sicurezza, a firmare un accordo con Pristina, per mostrare con un atto simbolico "l'impegno a rapporti di buon vicinato".
   

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