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Ecosistemi e clima, per la Pac diventare più verde è scelta obbligata

Ecosistemi e clima, per la Pac diventare più verde è scelta obbligata

01 febbraio 2018, 11:58

Redazione ANSA

ANSACheck

La politica agricola comune deve avere "un livello più elevato di ambizione ambientale e climatica" e l'attuale sistema di incentivi alla produzione sostenibile dovrebbe essere sostituito sostituito con un regime in cui i paesi membri avranno maggiori responsabilità. E' quanto si legge nelle bozze della comunicazione della Commissione europea sulla Pac dopo il 2020, la cui pubblicazione è attesa entro fine novembre 2017. Non si tratta di uno strappo, ma di un segno di continuità: dal 1992 la politica agricola comune ha dedicato sempre più sforzi e risorse alle dimensioni sociali e ambientali dello sviluppo agricolo e territoriale. I risultati di questa azione pluridecennale sono evidenti, anche se non univoci.

Dal 1990 al 2016 le emissioni di gas serra da parte dell'agricoltura europea sono calate di oltre il 20%. Nello stesso periodo la presenza di specie di uccelli comuni nei terreni agricoli è però diminuita del 30% e la popolazione di farfalle è crollata di quasi il 50%. Si tratta, secondo l'Agenzia europea per l'ambiente, di indicatori di una marcata perdita di biodiversità. Sebbene con forti differenze tra paesi, l'uso complessivo dei pesticidi in Europa è calato nel periodo 2000-2009. Tra il 2006 e il 2015, inoltre, il volume totale di fertilizzanti azotati utilizzati nell'Ue a 28 è aumentato del 5%, anche qui con paesi che registrano invece una riduzione. L'impatto ambientale resta alto, soprattutto nelle grandi pianure dell'Europa occidentale. 

L'Italia, riflette la situazione europea e per alcuni indicatori fa anche meglio. Le emissioni di gas serra dal 1990 al 2015 sono calate del 15,9%, tra il 2002 e il 2013 l'impiego di fertilizzanti è diminuito di oltre il 23% e quello di pesticidi di quasi il 30%. Ma preoccupano la persistenza di alcune sostanze, come l'atrazina vietata dagli anni novanta, nelle acque e la vigilanza resta alta sulla gestione dei reflui degli allevamenti intensivi in pianura padana.
A 25 anni dai primi incentivi Ue allo sviluppo di pratiche agricole ecocompatibili e per la cura del paesaggio rurale, il quadro dell'impatto ambientale del settore primario europeo è in chiaroscuro. Certo, si deve tener conto che i risultati raggiunti non sono andati a scapito della competitività e della produttività, cresciuta di circa il 9% dal 2005. Ma l'Unione europea deve accelerare. Non solo per colmare i ritardi, ma anche per onorare due impegni internazionali che ha sottoscritto nel 2015: gli obiettivi di sviluppo sostenibile e l'accordo sul clima di Parigi. Sul clima, soprattutto, la produzione agricola ha un ruolo piuttosto complesso: emette gas serra, ma può anche immagazzinare Co2 nei suoli.

Lo strumento principale con cui l'Ue cerca di incentivare una produzione sostenibile è la Pac, ma anche un insieme di direttive e regolamenti ad essa esterni, che incidono direttamente sulle pratiche agricole. A grandi linee, la situazione oggi è la seguente:

- L'erogazione del 30% degli aiuti diretti agli agricoltori è vincolata all'applicazione in azienda di tre pratiche ecocompatibili.
- Gli agricoltori possono perdere anche tutto l'aiuto se non rispettano alcuni criteri di gestione su ambiente e benessere animale, e il mantenimento dei terreni in buone condizioni agronomiche e ambientali.
- A livello Ue è attivo un programma per la conservazione, caratterizzazione, raccolta e utilizzazione delle risorse genetiche in agricoltura.
- Nel periodo 2014-2020, si stima che circa 104 miliardi di euro del bilancio della Pac (tra il 20 e il 25%) sono impegnati in misure per contrastare il cambiamento climatico. Nello stesso periodo, almeno il 30% di ogni programma di sviluppo rurale (finanziato da Ue e autorità nazionali, le Regioni nel caso italiano) deve essere destinato ad azioni per il clima e l'ambiente
- Il 10% delle spese per i programmi operativi per le organizzazioni dei produttori del settore ortofrutta devono essere destinate ad azioni ambientali che vadano oltre gli obblighi previsti dalla Pac.
- La direttiva nitrati (che ha lo scopo di ridurre l'inquinamento delle acque da fonti agricole), quella sull'uso sostenibile dei pesticidi e la direttiva quadro sulle acque non sono parte della Pac ma incidono direttamente sull'attività agricola.
- Nel capitolo delle politiche climatiche, l'Ue sta per dotarsi di obiettivi vincolanti di riduzione delle emissioni di gas serra per agricoltura, foreste, trasporti entro il 2030.
Il metodo di coltivazione biologico, per i cui prodotti l'Ue ha uno specifico regime di certificazione, prevede divieti all'utilizzo di pesticidi di sintesi e si basa su pratiche agricole che assicurano un ridotto impatto ambientale per unità di superficie.

Le regole e le misure quindi non mancano. Alcune di queste sono applicate in modo discontinuo sui territori dell'Ue. Altre funzionano sulla carta, meno nell'applicazione pratica. Dopo la riforma del 2013, l'efficacia delle nuove misure di "inverdimento" (greening) degli aiuti diretti è stata ad esempio messa in discussione non solo dalle organizzazioni ambientaliste, ma anche da accademici, e organizzazioni di agricoltori.

Questo sistema di incentivi e vincoli, promette la Commissione, è comunque destinato a cambiare presto. Anche se su molte questioni, ambientalisti e agricoltori si trovano su posizioni opposte. D'altra parte, tra le istituzioni e i tutti i gruppi di interesse c'è la consapevolezza che, essendo la politica più integrata a livello europeo (cui è destinato oltre un terzo del bilancio Ue), la Pac può essere uno strumento essenziale per una gestione responsabile delle risorse naturali. E che il coinvolgimento degli agricoltori, proprio in quanto 'gestori' di oltre il 40% dei terreni dell'Ue, è fondamentale a questo scopo.

 

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