(di Giuseppe Agliastro)
(ANSA) - MOSCA, 08 AGO - Proteste di massa, popolarità in
caduta libera, un'economia che ristagna e un rapporto sempre più
complicato con l'alleato di sempre, il Cremlino. Domenica in
Bielorussia si vota per le presidenziali e Aleksandr Lukashenko
si trova ad affrontare il momento più difficile dei suoi 26 anni
al vertice del regime di Minsk. "L'ultimo dittatore d'Europa"
resta il favorito alle elezioni, anche perché può sempre contare
sui brogli per gonfiare i risultati a proprio favore. Ma la
chiamata alle urne potrebbe trasformarsi per lui nella più
classica delle vittorie di Pirro. La repressione delle
manifestazioni e l'arresto dei rivali del presidente in carica
non pare infatti aver indebolito l'opposizione, che ha fatto
quadrato attorno alla principale candidata anti-Lukashenko:
Svetlana Tikhanovskaya, una giovane ex casalinga diventata la
nuova Giovanna d'Arco delle proteste bielorusse e capace di
trascinare in piazza decine di migliaia di persone. Le
manifestazioni di massa proseguiranno dopo il voto? Il governo
userà la forza contro i dimostranti? Al momento non è possibile
rispondere a queste domande. Lukashenko però non ha
evidentemente alcuna intenzione di lasciare il potere: tuona che
non permetterà una rivolta come quella ucraina di Maidan e in
queste settimane non ha mancato di farsi riprendere mentre
assisteva a esercitazioni della polizia. Di certo c'è che il
satrapo di Minsk si muove in un ambiente sempre più ostile, sia
in patria sia all'estero. Una dura repressione delle proteste
potrebbe attirargli contro nuove sanzioni da parte
dell'Occidente, con cui ultimamente aveva riaperto il dialogo. A
est però i rapporti con Mosca non appaiono più idilliaci.
L'aumento del prezzo del petrolio russo per Minsk e le
resistenze bielorusse a una maggiore integrazione con la Russia
hanno suscitato tensioni tra i due alleati. In questi mesi
Lukashenko ha accusato i suoi rivali di essere manovrati dai
"burattinai" di Mosca e a fine luglio ha ordinato l'arresto di
33 presunti mercenari russi sostenendo che volessero fomentare
una rivolta assieme all'opposizione. Sul fronte interno, colui
che ama farsi chiamare "batka", piccolo padre, appare ormai come
un padre padrone a sempre più bielorussi. I sondaggi sono
vietati, ma i dissidenti deridono Lukashenko chiamandolo "Sasha
3%": a tanto secondo loro sarebbe scesa la sua popolarità. Al
crollo del consenso attorno a Lukashenko ha contribuito anche la
pessima gestione dell'emergenza coronavirus. L'ex direttore di
kolchoz definiva l'epidemia "una psicosi" e contro il Covid dava
consigli assurdi come bere vodka e fare una buona sauna. Ma ad
alimentare il malcontento sono anche le violazioni dei diritti
umani e i problemi economici. Lukashenko promette stabilità e in
questi decenni ha cercato di non allontanare troppo la
Bielorussia dal suo passato sovietico: il 70% dell'economia è
infatti controllata dallo Stato e l'intelligence si chiama
ancora Kgb. Sono però dieci anni che il salario medio è fermo a
500 dollari al mese. (ANSA).
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