Si è svolta questa mattina in
terza Commissione dell'Assemblea legislativa, presieduta da
Eleonora Pace, l'audizione (richiesta da Paola Fioroni, Lega)
con l'assessore alla Salute e politiche sociali, Luca Coletto e
il coordinatore del 'Centro di procreazione medicalmente
assistita' dell'Azienda ospedaliera di Perugia con sede presso
l'ospedale di Pantalla, Sandro Gerli, sulla mozione di
iniziativa dei consiglieri Pd Simona Meloni (primo firmatario) e
Tommaso Bori, che chiede di rivedere i criteri anagrafici di
accesso alla Procreazione medica assistita e di introdurre nel
sistema sanitario regionale i test prenatali non invasivi per la
diagnosi genetica prenatale".
L'atto era stato illustrato ai commissari nella seduta del 13
maggio quando i firmatari avevano tratteggiato gli obiettivi
principali dell'atto di indirizzo.
Al termine degli interventi dell'assessore e del coordinatore
del 'Centro di procreazione medicalmente assistita', la
presidente Pace - riferisce Palazzo Cesaroni - ha annunciato,
d'intesa con i firmatari della mozione, che verrà chiesto agli
uffici dell'Assemblea di predisporre una proposta di risoluzione
che prenda spunto da quanto emerso nella seduta odierna:
adattare l'età massima per la fecondazione per l'omologa a
quanto avviene nelle altre Regioni. Potenziare il servizio del
'Centro di procreazione medicalmente assistita' dell'Azienda
ospedaliera di Perugia. Sollecitare a livello nazionale
l'inserimento dei test prenatali nei Lea e prevedere una forma
di compartecipazione economica della Regione alla relativa
spesa.
Gerli ha spiegato che "la fecondazione omologa, quella
praticata in Umbria, prevede l'unione di due gameti della stessa
coppia per fare in modo che l'embrione possa avere probabilità
di gravidanza. Fino a 42 anni queste probabilità sono buone (25
percento). Dai 42 anni in poi si scende fino a zero. Questo
significa che una fecondazione omologa oltre i 42 anni ha poche
probabilità, impegna la struttura (che già oggi ha 350 coppie in
lista di attesa) e deve essere pagata dai pazienti. La
fecondazione eterologa, che non viene praticata in Umbria,
prevede l'unione dei gameti, uno dei quali o nessuno dei due
appartiene alla coppia. Per la donazione serve una 'Banca dei
gameti', di solito centri privati che si trovano all'estero,
soprattutto Grecia e Spagna. Questa procedura dovrebbe essere
inserita nei Lea ed avrebbe una percentuale di riuscita molto
più alta (in presenza di una donna in buona salute) visto che i
gameti verrebbero da individui giovani. Bisogna però capire fino
a che età si vuole portare la possibilità di una gravidanza, che
comunque è un evento che in età avanzata può avere delle
complicanze. Logistica, personale e strumentazione attuale non
ci permettono di offrire servizi ulteriori, come appunto la
fecondazione eterologa. Molte gestanti scelgono i test prenatali
non invasivi. L'Umbria compartecipa alla spesa per questi test
solo se il test combinato pone dei dubbi. In assenza di questi
il test è a carico dei pazienti, al contrario di quanto avviene
nelle Regioni limitrofe, dove la spesa è compartecipata. Questi
test riescono a vedere circa l'80 percento delle anomalie
cromosomiche con una affidabilità tra il 95 e il 98 percento.
Sarebbe corretto prevederlo, seguendo quanto avviene nelle
Regioni vicine".
L'assessore Coletto ha rilevato che "in questo periodo la
denatalità sta facendo perdere abitanti a tutto il Paese. Ci
sono molti motivi per lo spostamento in avanti della maternità.
Regioni come Lazio, Emilia e Toscana fanno massa critica e
attraggono molti pazienti umbri. A breve scriveremo il piano
socio - sanitario e lì potremo fare previsioni rivolte ad alzare
l'età di qualche anno, magari riducendo i cicli ed evitando
stimolazioni inutili. La nostra Università è all'altezza di
questa sfida. I test prenatali costano mediamente circa 600 euro
e non rientrano al momento nei Lea, anche se in sanità c'è una
continua evoluzione. La compartecipazione da parte del servizio
sanitario è una soluzione corretta, anche perché questo esame
può evitare l'amniocentesi".
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