(ANSA) - PERUGIA, 24 MAG - E' stata condannata a 20 anni di
carcere con il riconoscimento del vizio parziale di mente,
Katalina Erzsebet Bradacs, ungherese di 44 anni, accusata di
omicidio volontario, aggravato dalla premeditazione, per avere
ucciso con sette coltellate il figlio Alex, di due anni,
nell'ottobre del 2021 a Pò Bandino di Città della Pieve dove
adagiò poi il corpo sul nastro trasportatore di un supermercato.
La sentenza è stata emessa dalla Corte d'assise di Perugia.
Secondo la ricostruzione accusatoria la donna uccise il
figlio in un casolare abbandonato. Poi si recò con il corpo nel
supermercato e, scattato l'allarme, fu arrestata dai
carabinieri.
Dalle indagini emerse che la donna era separata dal marito
dopo una breve convivenza. Durante la sua requisitoria, la pm
Manuela Comodi ha ricordato che a Bradacs il tribunale aveva
revocato l'affidamento del figlio circa una settimana prima del
delitto. Assegnando il piccolo in modo esclusivo al padre.
Per l'accusa l'imputata ha agito "in modo consapevole e con
piena premeditazione". "Aveva scelto il luogo ideale per
l'omicidio - ha detto Comodi in aula - e ha abbandonato il
passeggino prima. Gli ha tolto poi la maglietta insanguinata e
gliene ha messa una pulita. Aveva consapevolezza di ciò che
aveva fatto". Per questo il pubblico ministero aveva sollecitato
la condanna di Bradacs a 30 anni di reclusione, riconoscendo
comunque l'attenuante del vizio parziale di mente.
Alla richiesta si è associato l'avvocato Massimiliano
Scaringella, che ha rappresentato come parte civile il padre del
bambino.
Secondo i difensori della donna, gli avvocati Luca Maori e
Enrico Renzoni, Bradacs quando ha ucciso suo figlio era in tale
stato mentale "da escludere la capacità d'intendere o di volere"
e per questo ne avevano chiesto l'assoluzione per difetto di
imputabilità, con applicazione della misura di sicurezza più
idonea. "Le emergenze istruttorie - hanno spiegato i legali in
aula - ci consegnano una realtà composita nella quale, da un
lato, la paternità della condotta omicidiaria appare
riconducibile all'imputata; dall'altro, l'imputabilità della
medesima risulta compromessa da una grave patologia mentale
presente anche al momento del fatto criminoso". (ANSA).