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Cinema: Firenze ricorda Corso Salani a 11 anni scomparsa

Cinema

Cinema: Firenze ricorda Corso Salani a 11 anni scomparsa

Al cinema Stensen il 19 ottobre

FIRENZE, 18 ottobre 2021, 14:07

Redazione ANSA

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Firenze rende omaggio al regista fiorentino Corso Salani undici anni dopo la sua scomparsa.
    Appuntamento il 19 ottobre al Cinema Stensen (ore 20.30) con l'evento 'Tracce di Corso Salani', a cui interverranno, oltre ai parenti e agli amici, Gregorio Paonessa (produttore cinematografico di Vivo Film) e Monica Rametta (storica cosceneggiatrice di molti film di Salani). Nel corso della serata saranno proiettati due suoi lavori: il corto Tracce e il mediometraggio Mirna, suo ultimo film. Autore e regista indipendente dotato di grande sensibilità, tra gli autori più originali del panorama italiano e antesignano del genere docufiction, con la sua macchina da presa indagava l'animo umano e la realtà circostante intrecciando spesso riferimenti autobiografici. Un'importanza centrale nel suo cinema è quello della donna. La figura femminile, per lui, ha sempre rappresentato uno degli aspetti tematici della sua filmografia.
    Salani era nato a Firenze il 9 settembre 1961. Si era diplomato nel 1984 all'Istituto di scienze cinematografiche della stessa città. Particolarmente significativo il suo ricordo della Firenze del tempo in un'intervista rilasciata proprio alla Fondazione Stensen: "A Firenze negli anni Ottanta c'era una grandissima vitalità tra i giovani, che si esprimeva spesso in esperienze velleitarie, certo, ma era il sintomo inequivocabile di una voglia di fare e di rinnovamento che poi ha pian piano abbandonato la città. Prima il punk e poi la new wave avevano dato una scossa molto forte alla creatività musicale. E poi c'erano i locali: l'Universale, il Tenax, dove per un certo periodo lavorai come facchino, il Banana Moon all'arco di San Pierino, la Rockteca di Settignano. Forse il lascito più importante di quegli anni per molti della mia generazione è stato riuscire a realizzare nella vita qualcosa in cui credevamo, e che spesso era l'opposto di quello a cui le nostre famiglie volevano destinarci".
   

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