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"Ho la sensazione che il cinema
italiano si sta riprendendo in modo straordinario per qualità e
ambizione, c'è una nuova generazione di autori straordinari,
ahimè li invidio e li odio". Lo dice con un sorriso Pupi Avati
nel panel di cui è stato protagonista con Michela Andreozzi e
Walter Veltroni, 'Quali Storie Per Il Cinema Italiano?' che ha
aperto la seconda giornata di Sky 20 anni, evento organizzato
dalla piattaforma digitale satellitare, in occasione del proprio
ventennale, dal 2 al 4 ottobre dedicato all'attualità, al
cinema, alle serie tv, all'intrattenimento, allo sport e
all'impegno sociale con ospiti nazionali e internazionali, al
Museo nazionale romano nelle Terme di Diocleziano di Roma. "Dopo
alcuni decenni di commediole molto ripiegate su stesse con una
panchina molto corta - aggiunge il cineasta - penso il cinema
italiano sia tornato ad avere una dimensione qualitativa e
autoriale molto forte". Giovani autori emergenti che "vengono
tutti dalla parte bassa del Paese, perché li convivono l'Italia
della tradizione e dell'oggi mentre nel centro e nord Italia
quest'identità si è sbiadita, sono connotazioni molto difficili
da ritrovare". Nel dopoguerra - osserva Walter Veltroni - il
cinema italiano ha fatto leggenda con il neorealismo, poi si
passò alla commedia all'italiana e una parte della critica pensò
fosse un tradimento mentre era una prosecuzione del neorealismo
con altri mezzi. Entrambi volevano portare il maggior numero
possibile di significati al maggior pubblico possibile. Il
cinema non si fa per gli addetti ai lavori o una parrocchietta
ma per il pubblico anche con l'ambizione di portarlo a fare un
passo più avanti". Rispetto ai temi che si trattano, "c'è anche
un giovane cinema italiano che sa raccontare molto bene la
precarietà dell'esistenza". Per Avati, che annuncia di voler
fare un film in bianco e nero, non si dovrebbe pensare "a
piacere solo a quell'amichetteria che determina ciò che si vede.
C'è ad esempio una specie di diffidenza verso il genere, io
invece li rivendico. Il cinema americano è un cinema di autori
che fanno i generi, mentre il nostro è un cinema di autori che
fanno gli autori . Fare film di genere mantenendo la propria
identità vuole dire fare un prodotto interessante che arriva a
un pubblico più vasto". Michela Andreozzi sottolinea che "il
cinema bisogna prenderlo come una responsabilità, non è uno
strumento per cambiare la società ma abbiamo la responsabilità
di quello che facciamo rispetto alla società". Lei come cineasta
vuole "far respirare chi vede. Penso che la nostra
responsabilità sia mantenere giovane il pensiero ottimista".
Avati, anche grazie alle masterclass di cinema che tiene con i
ragazzi "so bene come i giovani siano perennemente scoraggiati
da un'infinità di proposte in tv che tendono a dirci tutto il
male possibile di questo Paese. Difficile chiedere loro in
queste condizioni di rimettere in piedi i sogni che avevo io
alla loro età". Il compito del cinema "è anche confortare o
quantomeno fare una comparazione tra il passato e il presente:
proprio a questo serve raccontare il passato". A volte il cinema
evita di raccontare il presente "perché è molto coperto dalla tv
- osserva Veltroni - In passato non era così, penso ad esempio
ai film di Petri. Poi ci sono eccezioni come il film di Garrone
che racconta il presente con forza e poesia".
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