(di Gioia Giudici) Non aveva mai
indossato prima le scarpette da danza, ma quando le hanno
proposto di interpretare Carla Fracci "la mia disponibilità è
stata immediata" dice Alessandra Mastronardi, che veste i panni
dell'etoile della Scala nel film 'Carla', in prima serata su Rai
1 il 5 dicembre. "Ogni scena che ho girato, ogni emozione che ho
vissuto, l'ho dedicata a lei: il mio grande rammarico è che non
sia riuscita a vedere il film, ma con la sua presenza mi ha
fatto un enorme regalo" dice l'attrice, che prima e durante le
riprese ha incontrato la grande ballerina, consulente del film
insieme al marito Beppe Menegatti. "Quando le ho chiesto quale
emozione voleva che trasmettessi con la mia interpretazione, -
ricorda oggi - mi ha risposto decisa: "La forza"". Ed è proprio
quella tenacia che traspare dal film "Carla", liberamente
ispirato a 'Passo dopo passo', l'autobiografia dell'etoile,
mancata lo scorso maggio. Larga parte della pellicola, diretta
da Emanuele Imbucci, è stata girata alla Scala, dove tutto è
nato, e che per la prima volta ha aperto le porte alle riprese
di un film. E' qui che la piccola Carla, accompagnata dal papà
tramviere, si fa riconoscere subito non solo per il suo talento
e la sua grazia, ma per quella disciplina e forza di volontà che
l'hanno portata a essere definita dal New York Times, nel 1981,
la 'prima ballerina assoluta'. Un altro elemento su cui punta il
film - passato anche al cinema lo scorso novembre - è l'assoluta
modernità della Fracci. Lei, che era una delle danzatrici più
famose al mondo, fece quella che per l'epoca nell'ambiente del
balletto era una scelta rivoluzionaria: diventare madre. Nel
1969 nacque il figlio Francesco e un anno dopo Rudolf Nureyev -
nel film interpretato da Leo Dussollier - la riportò sul palco
della Scala per lo Schiaccianoci, di cui dovette imparare la
coreografia in cinque giorni. "Non abbiamo fatto un 'santino' -
sottolinea l'attrice napoletana - ma abbiamo voluto sottolineare
la sua modernità nel rompere gli schemi, a quel tempo la
maternità per una ballerina era un tabù e lei, anche in questo,
è stata una pioniera del rispetto dell'essere donna". Dietro
quella grazia e quella leggerezza, c'era un carattere forgiato
dalla disciplina: "siamo abituati a vederla danzare sorridente
sul palco, ma non abbiamo mai visto - racconta ancora l'attrice
- le lacrime, le cadute, i piedi feriti, che noi abbiamo voluto
mostrare per far capire quanto debbano tirare i tendini per
diventare così leggeri sul palco". Tra tanti ricordi, la 35enne
attrice - che ha avuto come controfigura Susanna Salvi, prima
ballerina dell'opera di Roma - ne sceglie uno su tutti: "mentre
ballavo sul palco lei era dietro le quinte, il contrario di ciò
che era sempre stato. Poi tra un ciak e un altro lei, che non
era mai salita sul palco della Scala senza danzare, iniziò a
fare esercizi alla sbarra su un carrello degli attrezzisti". Per
quanto riguarda la preparazione fisica per entrare nella parte
"è stata un piccolo miracolo: abbiamo affrontato la prima parte
in lockdown, con la coreografa che via zoom mi ha insegnato a
camminare e stare diritta come una ballerina, peccato che, in
mancanza di una sbarra, mi sia dovuta arrangiare - scherza
Alessandra - con il mio ferro da stiro".
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