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La parola della settimana è 'RISCHIO'' (di Massimo Sebastiani)

La parola della settimana è 'RISCHIO'' (di Massimo Sebastiani)

10 dicembre 2021, 23:56

Redazione ANSA

ANSACheck

La parola della settimana - RIPRODUZIONE RISERVATA

La parola della settimana - RIPRODUZIONE RISERVATA
La parola della settimana - RIPRODUZIONE RISERVATA

Nel suo primo ruolo di spicco, in 'Risky Business' del 1983, Tom Cruise sintetizza così un vecchio adagio popolare: 'Ma che cazzo, buttati!' dice di fronte ad un esterrefatto funzionario della Princeton University dove lui vorrebbe entrare ma con un curriculum non proprio esaltante. Non solo: con l’aggravante, se così si può dire, di sostenere l’improbabile colloquio mentre pratica la non nobile arte del ruffiano, organizzando un giro di ragazze squillo, gli affari rischiosi del titolo, nella casa dei genitori rimasta vuota. Prima di lui lo aveva detto Manzoni con l’espressione trasformata in proverbio: 'Chi non risica non rosica'. E’ la variante toscana del verbo rischiare, il cui sostantivo, rischio, è una parola che fa parte inevitabilmente della galassia delle espressioni connesse all'impatto e alla gestione della pandemia. Una parola ripetuta decine di volte nelle ultime settimane per la ripresa, impetuosa almeno dal punto di vista numerico, dei contagi, e la necessità dunque, in vista delle festività natalizie, di 'preservare', come ha detto il presidente Draghi, e contenere il rischio. Fino a che punto è una operazione possibile? E questo rischio, come altri, rappresenta davvero una sorpresa?

Tra Tom Cruise e Mario Draghi è evidente quali siano i confini della parola rischio: da una parte (quella dell’attore americano) c’è il coraggio, per non dire l’azzardo; dall’altra, quella del presidente del Consiglio, c’è il pericolo, in particolare per la salute personale, per le strutture sanitarie, per l’economia. Eppure rischio e pericolo sono due concetti abbastanza distinti: il secondo è la proprietà intrinseca, non legata a fattori esterni, di qualcosa che può causare danni, come si legge anche nel decreto legislativo sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro; il primo è piuttosto un concetto probabilistico legato ad una definizione scientifica per cui il rischio è il prodotto della frequenza del pericolo moltiplicata per la magnitudo (che a sua volta è l’ampiezza delle conseguenze di un evento pericoloso). Questa seconda parte è molto legata alla percezione del rischio, ovvero alla reazione che ognuno di noi ha di fronte ad un evento pericoloso. La componente che influenza maggiormente la percezione del rischio è in realtà di tipo emotivo. Come è stato spiegato, le persone tendono a sottostimare o addirittura ignorare i rischi connessi a catastrofi naturali (terremoti, uragani ecc) e a sovrastimare eventi certamente drammatici ma assai più rari (per esempio i disastri aerei). Il rischio annunciato con voce roboante da Mike Bongiorno negli anni Settanta nel celebre quiz tv Rischiatutto era invece qualcosa di ancora diverso, molto più vicino all’azzardo perché spingeva il concorrente ad osare, rispetto alle cifre fisse del tabellone (20, 30 o 40mila lire), e puntare molto di più, aggiungendo quella cifra al suo montepremi in caso di risposta esatta (ma anche sottraendola in caso di risposta sbagliata). Qui non c’era molto da calcolare o da gestire perché era quasi un salto nel buio.

ASCOLTA PODCAST: La parola della settimana: rischio (di Massimo Sebastiani)

Oggi invece, oltre che di rischio calcolato, che è un’espressione di uso comune, si parla di gestione del rischio, risk management, essenzialmente in relazione alle aziende e alla sicurezza, e 'Governare il rischio' è il titolo di un libro di Umberto Saccone, dirigente Eni nel comparto della sicurezza, diventato poi un modo di dire e titolo di giornale. Qui il rischio è definito come ‘una funzione della minaccia, della vulnerabilità, dell'impatto e della probabilità’. Vi fa pensare a qualcosa? Sono le caratteristiche del mondo che abitiamo almeno dal XVI secolo, da quando cioè la parola rischio si è affermata, sostituendo definitivamente fato e destino (a proposito di etimolgia, che per rischio è molto incerta: rizikon in greco è la sorte) e prendendo atto di una realtà incontrovertibile che può essere solo gestita e non eliminata: viviamo nella Risiko Gesellschaft, cioè la società del rischio così come è stata descritta dal sociologo Ulrich Beck, che abbiamo già citato nella parola Immunità: il rischio è 'il nuovo mastice dell’Occidente e del mondo', è 'la preoccupazione per il tutto', e per questo è impossibile separare singole comunità dal resto del mondo. Ecco forse perché usiamo la parola rischio per qualunque cosa, grande o piccola, lontana o vicinissima: la Nasa rinvia una passeggiata spaziale per un rischio detriti in orbita e gli americani vedono messe a rischio le loro colazioni e merende dalla scarsità di succo d’acero e di cream cheese colpiti dalle difficoltà delle catene di approvvigionamento. Possiamo consolarci ricordando un verso di Friedrich Hoelderlin: dove c’è pericolo cresce anche ciò che salva. Sembra un’anticipazione della definizione dei vaccini.



 

 

 

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