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La parola della settimana è onda (di Massimo Sebastiani)

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Redazione ANSA

C’è una parola, tra tante, di grande suggestione e di incredibile potenza simbolica: siamo tornati ad usarla spesso in questi giorni, in una variazione particolare, per il timore e di un ritorno del Covid, sia in piccoli focolai che in una possibile forma più massiccia in autunno. E’ la parola onda, da cui deriva appunto anche ondata e quindi seconda ondata.

Ascolta "La parola della settimana: onda (di Massimo Sebastiani)" su Spreaker.  

Anche gran parte del fascino di onda deriva, ancora una volta, dalla sua ambiguità, cioè letteralmente, da amb e agere, dal ‘girare intorno’ e quindi dall’assumere diverse prospettive. Benefica o terribile, vitale o mortifera, l’onda, elegante, sinuosa, possente o microscopica, solleva e trascina, ci porta in vetta e ci schiaccia.

Il terribile esperimento sociale descritto nel film L’onda, a sua volta tratto dal romanzo scritto da Todd Strasser e ispirato a fatti realmente accaduti in California nel 1967, contiene in sé tutti questi elementi: l’unione che fa la forza, lo spirito di coesione, la capacità di avere un impatto ma anche le conseguenze distruttive.

Nell’ambito di un corso di storia contemporanea, il professor Ron Jones provò a mostrare come il nazismo riuscì a fare presa coinvolgendo gli studenti del secondo anno della Cubberley High School di Palo Alto in una sorta di gioco di ruolo incentrato proprio su disciplina, coesione esaltazione del gruppo. Il movimento si chiamava La terza onda mentre il simbolo scelto dal professore della trasposizione cinematografica tedesca era proprio un’onda.

L’immagine dell’onda, la più famosa delle quali è forse quella del pittore giapponese Hokusai che la globalizzazione o qualsiasi altra cosa vogliate, ha portato anche sulle t shirt e le felpe di tanti giovani occidentali, rappresenta perfettamente tutto ciò di cui abbiamo parlato finora e rende benissimo tutti significati del termine: bellezza sublime, attrazione ipnotica, fascinazione distruttiva, paura e vulnerabilità degli uomini (le imbarcazioni su cui incombe la tempesta nella xilografia dell’artista giapponese del XIX secolo), creste come artigli e quindi quasi una natura animalesca del mare stesso.

L’etimologia della parola è certamente acquatica: il latino unda deriva dalla radice sanscrita ud- che rimanda all’umido, all’acqua al bagnato, alla fecondità (le ondine nella mitologia nordica corrispondevano alle ninfe: bellezza ma anche pericolosità del desiderio). L’ambiguità dell’onda però si riflette anche nei modi di dire più usati e più celebri: quando diciamo che un attore, un cantante, un personaggio politico è sulla cresta dell’onda, stiamo in realtà dicendo che ha raggiunto il punto più alto della sua celebrità, della sua gloria e forse anche della sua forza ma implicitamente e, possiamo dire, fisiologicamente, stiamo facendo balenare anche l’idea dell’inevitabile caduta successiva. Non si resta in eterno sulla cresta dell’onda: perché la cresta stessa si infrange e perché restarci comunque è un esercizio di equilibrio difficile come sa ogni surfista.

D’altra parte l’onda d’urto nella fuidodinamica e nell’aerodinamica può variare molto nei suoi effetti a seconda dell’intensità: le onde sonore per esempio sono piccoli disturbi di pressione e velocità e non modificano di molto il flusso che le attraversa, ma ci sono onde d’urto spaventose come quella di una bomba MOAB, acronimo che sta per Massive Ordinance Air Blast, ma è stata ribattezzata Mother of All the Bomb perché è l’ordigno nucleare più potente mai concepito, usata dagli usa la prima volta in Afghanistan nel 2017, ma che onde d’urto benefiche come quelle, acustiche, utilizzate ormai con successo nelle terapie per patologia ortopediche e non solo.

E poi, tanto per dire della forza simbolica dell’onda, ce ne sono di meno evidenti ma altrettanto efficaci ed efficienti: come l’onda dei brand e del marketing il cui segreto è stato descritto nel libro di uno dei pubblicitari più noti d’Italia, Alberto De Martini: Brand Narrative Strategy. E’ proprio dell’onda, come la si intende in fisica, un andamento oscillatorio rappresentato da un moto armonico che nell’onda sinusoidale si alza e si abbassa continuamente. Si tratta di stabilire, di decidere o di capire se si vuole seguire l’onda, contrastare l’onda, approfittare dell’onda, cavalcare l’onda, agire sull’onda di qualcosa (un sentimento, una corrente, decisione altrui ecc): insomma l’onda è qualcosa da maneggiare con cura certo ma non è detto che debba spaventarci visto che la si può seguire dolcemente, cavalcarla e forse perfino governarla o sfruttarne l’urto.

E può essere movimento distruttivo ma anche innovativo: new wave o nouvelle vague o neue welle sono i movimenti musicali e cinematografici che si sono presentati in vari paesi e hanno innovato il panorama culturale del momento. La settima onda è un’idea non sappiamo quanto mitica o realistica, del movimento più forte del mare che può aiutarci, accompagnarci, letteralmente liberarci, come nel film Papillon in cui Steve Mc Queen propone all’amico Dega di fuggire dalla colonia penale dell’Isola del diavolo gettandosi in mare e sfruttando la settima onda, cioè la più forte di tutte che vince le altre e può portarci lontano da qui.

La leggenda vuole che di settima onda abbiano parlato anche alcuni surfisti delle Barbados a Sting: il risultato è stato The seventh wave, in cui quell’onda più potente di tutte diventa l’amore.

 

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