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Quando tutto il resto è perso, resta ancora il futuro

Chiara La Rosa, 19 anni

Forse è vero che dalle esperienze peggiori si può ricavare qualcosa di buono e il Covid-19 potrebbe esserne la dimostrazione.

Di certo non dimentichiamo i più di 241.000 casi, (numero che continua a crescere giorno dopo giorno) e le oltre 34.000 vittime che sembrano solo numeri, dietro i quali vi sono storie, famiglie, speranze e progetti per il futuro totalmente stravolti.

È proprio di futuro che voglio parlare. Kierkegaard disse che la vita può essere capita solo all’indietro ma va vissuta in avanti. Ma dopo tutto quello che è successo, come vogliamo vivere questa vita?

 

Il Covid-19 ha dimostrato che le crisi sanitarie possono renderci tutti vulnerabili, indipendentemente da provenienza, condizione economica, pensiero politico o status sociale; dunque forse ha cambiato qualcosa di profondo all’interno della nostra società.

Per la prima volta sembra quasi che la ricerca del profitto, sia stata posta in secondo piano rispetto alla salvaguardia del singolo individuo.

Su questa scia si auspica un modello di futuro ideale, al centro del quale vi è la persona e il suo valore in quanto tale, modello che vede finalmente governi e imprese interessarsi ai bambini che muoiono di freddo sui Balcani, alla fame in Yemen, alle morti e sofferenze causate da guerre e ingiustizie, che ancora oggi sono troppo presenti nello scenario mondiale.

Il lockdown ci ha insegnato a ristabilire le nostre priorità, a rivedere alcune nostre convinzioni o abitudini;paradossalmente solo adesso siamo riusciti a dare al calcio meno importanza, favorendo invece la lettura di libri e giornali; abbiamo imparato che nella maggior parte dei casi l’autosufficienza è un’illusione, perché noi abbiamo bisogno degli altri e gli altri di noi, capendo dunque l’importanza della solidarietà.

Siamo diventati più solidali, socievoli e desiderosi di interagire con il prossimo,

e nel futuro che vogliamo, questa non è solo una “sindrome da eroe” passeggera, ma una presa di coscienza comune che spinge giovani e non, a guardare oltre la punta del loro naso, ad essere più empatici e meno indifferenti ai problemi di chi li circonda.

Nel futuro post-Covid, i comportamenti e le abitudini che durante la quarantena si sono rivelati positivi per l’ambiente e la salute (come l’ uso di mezzi sostenibili o una più sana nutrizione), dovrebbero entrare a far parte dello stile di vita di tutti noi, indipendentemente dallo stato di emergenza.

La pandemia ci ha finalmente obbligati all’osservanza delle norme, a fare la fila in modo ordinato e a lavarci le mani.

Siamo stati rieducati a tutte quelle buone pratiche e abitudini che non dovremmo mai più dimenticare.

 In un ideale futuro, dovremmo dunque prendere il buono che questa tragedia ci ha lasciato, coltivarlo e perfezionarlo.

Lo stato d’emergenza ha inoltre messo in evidenza le problematiche pre esistenti e rimaste insolute per troppo tempo, portando a delle repentine (nella maggior parte dei casi anche efficaci) soluzioni.

Un esempio evidente è l’eliminazione delle “classi pollaio”, un provvedimento che la politica ha sempre annunciato come urgente, ma che non ha mai voluto risolvere per ragioni di bilancio statale.

Dopo la pandemia, essendo il distanziamento obbligatorio, non esisteranno più classi sovraffollate e impossibili da gestire, ma al contrario classi più vuote che permetteranno ai docenti di insegnare meglio, di controllare e seguire più attentamente gli studenti.

 

Nel futuro che vogliamo, l’istruzione fa un salto di qualità e tutte le tecnologie e metodologie sperimentate o elaborate in quarantena, che hanno agevolato l’apprendimento, non rappresentano un’eccezione ma una consuetudine.

Il futuro che sogniamo prevede un ricambio generazionale nel mondo del lavoro: concorsi e opportunità che permettano ai giovani di entrare in scena e di farci ripartire con idee innovative, motivazione e tanta energia.

THE FUTURE WE WANT è anche attento alla natura, perché mai come durante la quarantena è stato palese il forte impatto negativo che l’uomo ha sull’ambiente.

É stato dimostrato che se l’uomo si ferma anche solo per un attimo, la natura riprende vita, i cieli sono più luminosi e le acque più limpide.

In virtù di questo, “ATTIVISMO” e “PARTECIPAZIONE” devono diventare pane quotidiano per i giovani che vogliono far sentire la loro voce in merito, voce che dovrebbe essere ascoltata e sostenuta da politiche ambientali per incentivare l’utilizzo dei trasporti pubblici, la conversione ad energie rinnovabili, la regolamentazione delle emissioni di CO2 e lo sfruttamento delle risorse naturali.

 

Nel futuro che vogliamo, dovremmo ricordarci tutto quello che abbiamo scoperto (o riscoperto) durante una situazione emergenziale e tragica, e cercare di far diventare le eccezioni, i provvedimenti straordinari e le azioni sporadiche, delle consuetudini; dei cambiamenti permanenti che ci permetteranno di stare meglio al mondo e soprattutto di rispettarlo.

Nel momento in cui i nostri occhi riusciranno a vedere una possibilità di miglioramento dove prima vedevano un pericolo, allora forse potremmo avere THE FUTURE WE WANT.

 

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