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Venere di Salò, indagine per Martin Bora

Venere di Salò, indagine per Martin Bora

Misteri e intrighi sul lago di Garda nell'autunno del 1944

ROMA, 17 gennaio 2023, 09:33

(di Mariano Del Preite)

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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 BEN PASTOR, "LA VENERE DI SALO'" (Sellerio, pp. 464, euro 16,00, traduzione di Luigi Sanvito)

Un labirinto di morti sospette si intreccia alla sparizione di un prezioso dipinto, nei giorni in cui la Repubblica sociale italiana vede consumarsi gli ultimi sussulti del nazifascismo.
    Sulle rive del Garda, nell'autunno di nebbie e violenza del 1944, torna in azione il colonnello Martin Bora, l'ufficiale-detective creato da Ben Pastor, scrittrice nata in Italia ma naturalizzata americana che ha aperto una nuova via al mystery storico, coniugando la minuziosa documentazione a un coinvolgente approfondimento psicologico di personaggi e contesti del passato.
    Questa è la dodicesima avventura dell'aristocratico militare della Wehrmacht, lacerato tra il giuramento di fedeltà alla patria e gli orrori di un regime da cui si è progressivamente isolato, tanto da finire nella lista nera di Ss e Gestapo. Bora viene inviato nella zona di Salò per investigare sul furto di un quadro di rara sensualità, una Venere di Tiziano, ma la sua attenzione viene ben presto attirata da un suicidio con molti dubbi cui seguiranno altri casi analoghi. Si profila l'ombra di un serial killer, mentre l'ufficiale deve fronteggiare nemici palesi e occulti. Le forze armate repubblichine e quelle tedesche non nascondono la reciproca insofferenza, in una danza macabra sempre più sospesa sull'orlo dell'abisso.
    La Venere di Salò è probabilmente, insieme a Kaputt Mundi, il romanzo più suggestivo della serie. Lo scenario è il crepuscolare, decadente mondo della Repubblica di Salò, dove "il potere e i suoi simboli roteavano lenti, come schiuma che si avvicina allo scarico prima di cadervi dentro". L'intero romanzo è pervaso da un senso di fine imminente, come nella scena delle celebrazioni a Milano per l'anniversario della marcia su Roma: "Una resurrezione spastica di terminazioni nervose, nient'altro.
    Vecchie canzoni, vecchie grida e l'inutile rimbombo degli stivali. Eppure tutto aveva un che di coraggiosamente, eroicamente folle".
    Martin Bora si muove sul filo del rasoio, in un mondo allo sbando dove i piccoli gesti di umanità sono un'ancora di salvezza. Incontra personaggi della storia, dal maresciallo Graziani ai famigerati Priebke e Kappler, e si trattiene in colte conversazioni con il saggio antiquario ebreo Conforti, rassegnato al suo destino tanto da rifiutare l'offerta di una via di fuga. Vere coprotagoniste del libro sono la Venere di Tiziano e il suo riflesso in carne e ossa, la seducente Annie Tedesco, figlia del proprietario del quadro rubato. Per l'ufficiale, reduce dalla traumatica fine del suo matrimonio, l'enigmatica italiana diviene ossessione e rifugio, come le emozioni suscitate dal dipinto: "Sembrava perdere corporeità nella penombra... il suo pallore e i capelli bruni la assimilavano a un simulacro di notte e avorio". Intanto i nemici di Martin si preparano a stringergli il cappio al collo, raccogliendo prove schiaccianti sulla sua infedeltà al nazismo, mentre l'ufficiale finisce anche nel mirino dei partigiani. Il lago di Garda e le sue nebbie sono fitti di pericoli, ma Bora non tenta in alcun modo di evitarli: "Le cose che il tedesco temeva erano quelle verso cui andava sempre". Il colto, malinconico, inquieto eroe della scrittrice dovrà smascherare il colpevole e provare a sfuggire al plotone di esecuzione, in un finale difficile da dimenticare.
   

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