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Wideman, indagini su di sé e su un delitto

Minimum Fax

Wideman, indagini su di sé e su un delitto

Autore nero vuol capire violenze razziste su Emmett e Louis Till

ROMA, 31 marzo 2021, 09:20

di Paolo Petroni

ANSACheck

La copertina del libro di John Edgar Wideman, 'Scrivere per salvare una vita ' (Minimum Fax) - RIPRODUZIONE RISERVATA

La copertina del libro di John Edgar Wideman,  	'Scrivere per salvare una vita 	' (Minimum Fax) - RIPRODUZIONE RISERVATA
La copertina del libro di John Edgar Wideman, 'Scrivere per salvare una vita ' (Minimum Fax) - RIPRODUZIONE RISERVATA

JOHN EDGAR WIDEMAN, ''SCRIVERE PER SALVARE UNA VITA'' (MINIMUM FAX, pp. 244 - 17,00 euro - Traduzione di Dora Di Marco)

Un libro particolare, intenso e scritto con un bel ritmo e una costruzione a suspense perché è un po' racconto, un po' indagine tra lo storico e il giornalistico, un po' romanzo e un po' memoir autobiografico, per quel che l'autore è coinvolto dai fatti che ha deciso di affrontare, per salvare la propria vita. Un autore particolare, nero come i personaggi e i fatti noir che indaga, segnati dalla violenza del razzismo americano anche delle istituzioni, professore di letteratura in alcune università, dal Wyoming al Massachussetts, dopo una vita di strada che ha portato suo fratello per anni in galera e suo figlio in carcere per omicidio.

Vita e letteratura quindi, di cui si discute e che cerca dolorosamente di far procedere parallele in cerca di verità e giustizia, sullo sfondo dello sfruttamento feroce dei neri nella storia americana, come questo sofferto e testardamente perseguito libro dimostra, trovando sempre risposte che rimandano a altre domande e un senso che non è mai privo di un fondo di nonsenso (come la vita e le persone, commenta). E lo fa mettendo assieme documenti, cronache di giornali d'epoca, fatti storici, con una dose di invenzione letteraria, quella che, se di qualità come in questo caso, riesce a comunicare e essere più vera del vero, che nella realtà ha sempre una sua parte di illusorietà. Del resto il mondo e la violenza che indaga, duro, chiaro, e assieme inafferrabile, non riconducibile a un senso e magari a una conclusione, è un po' per lui anche in trasparenza la natura della frustrazione e vanità esistenziale.

Wideman comincia dal 1955, dal ricordo dell'ingresso nella sua vita di quattordicenne della foto di Emmett Till col volto atrocemente deturpato dalle botte cieche, ragazzo nero della sua stessa età partito per una visita familiare nel Mississippi e tornato cadavere sfigurato perché, diceva la versione corrente, aveva fischiato dietro a una ragazza bianca. ''Oltre mezzo secolo dopo devo ancora fare i conti con i volti di Till e di Clement'', nero amico di suo nonno, anche lui, dopo qualche pestaggio, col volto rimasto sfigurato tanto da far paura a un bambino. Emmett Till divenne un'icona della lotta dei neri per i diritti civili grazie alla madre che volle lasciare aperta la sua bara perché tutti potessero vedere come era stato ridotto e per attirare attenzione sul processo, che finì scandalosamente con una assoluzione, trovando una giustificazione per gli assassini nell'aver punito il figlio di un criminale. Proprio così, perché al processo venne fuori che il padre di Emmett, Louis Till, era stato condannato a morte da una corte marziale, durante la guerra in Italia, accusato di stupro e omicidio. E' così che la curiosità di Wideman si sposta su quest'altra figura, fatti e processo, su cui inizia a indagare e lavora per ricostruire faticosamente, girando archivi e viaggiando tra Italia e Francia, cercandone le vecchie carte giudiziarie militari e tutto ciò che lo porta a supporre un'indagine e un verdetto non meno prevenuto, razzista e superficiale di quello che poi toccherà a suo figlio.

Alla fine, arrivando sulla sua tomba in Francia, scrive: ''La storia di Louis Till, quella di suo figlio Emmett, la mia, quella di mio padre, della mia famiglia, potrebbe iniziare e finire lì... La rassegnazione. Il dolore, Il lutto. Con antiche menzogne insanguinate che si contorcono dentro di me. Un urlo che ho deciso di reprimere. Le urla silenziose die morti con disonore, ordinati nelle casse ai miei piedi. Nomi perduti, volti perduti''. Ma per concludere racconta un apologo di miele e sangue, come è appunto la vita.

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