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Pavel e la pesca contro il nazismo

Poetico, ironico romanzo su come vivere comunque in libertà

   OTA PAVEL, ''COME HO INCONTRATO I PESCI'' (KELLER Ed. pp. 264 - 16,50 euro - traduzione di Barbara Zane) Un romanzo, o un insieme di racconti tutti collegati, delizioso, che riesce a costruire e comunicarci un mondo quasi idillico nel rapporto degli uomini con la natura e a farcene capire il valore, specie in un momento in cui la storia, cui si fa riferimento solo brevemente ma in modo significativo, sembrerebbe negare tutto questo, con l'occupazione nazista della Cecoslovacchia e tutto quel che ciò significa per un ragazzo di famiglia ebraica con il padre e i fratelli Hugo e Jirka in campo di concentramento, da cui non arrivano mai notizie (come accaduto all'autore). Ecco allora chiaro tutto il senso dell'affermazione ''Pescare è soprattutto libertà'' e di un libro dedicato all'amore per la pesca dal tempo della guerra sino agli anni 2000.
    ''Era la pesca che mi aveva insegnato la pazienza e i ricordi mi aiutavano a vivere'' confessa l'io narrante alla fine, ricordando il ''fare interi chilometri per trovare le trote, bere l'acqua delle sorgenti, essere solo e liberi almeno per un'ora, per giorni, o addirittura per settimane o mesi'', per fuggire quella realtà dolorosa che lo costringe a ''mettere da parte la bellezza e pensare che al mondo ci sono anche sporcizia, schifezze e acque torbide, tanto per smettere di agognare la libertà. Finalmente sono arrivato alla parola giusta: libertà''.
    Si comincia con l'andare a pescare carpe negli stagni di Bustehrad (paesino dove durante la guerra si rifugiò la famiglia di Pavel), magari di frodo, sfuggendo alle SS e a un guardacaccia Zaruba che si rivelerà meno temibile dell'apparenza, per portare da mangiare a casa, dove il giovane narratore è rimasto solo con la mamma, e si va avanti con ricordi del passato, la nostalgia per i fratelli, le vacanze col papà dal traghettatore Karel Prosek, cui deve l'iniziazione alla pesca e ai suoi segreti. Quando i fratelli avevano avuto la fanciullezza ''troncata dai fascisti'' e avevano messo da parte le canne per iniziare ''le marce della morte ancora ragazzi'', con ''Hugo che aveva visto la scritta: Terezin, e Jirka, al posto del grande luccio nero: Aschwitz''. Tutto durante poi, con più fatica nella ricerca di cibo e pesci, alla fine della guerra guerra, mentre gli stagni si prosciugano e scopre che quello di Lidice, paese che la furia nazista aveva raso al suolo e cancellato totalmente, è stato fatto saltare con la dinamite anche lui e il torrente deviato e così distrutto anche il meraviglioso viale di tigli lungo un miglio.
    La vita, o almeno la sua parte migliore e libera, ritrovato anche l'anziano ProseK che lo abbraccia e, dopo tutto quel che è accaduto, gli fa un'unica domanda: ''Allora, dove te ne vai a pesca?'', prosegue percorrendo i fiumi (''Il fiume è il pozzo profondo dell'oblio'') e raccontando tutto con momenti di poesia e di una nostalgia non malinconica, anzi con venature ironiche.
    Se, ''per andare a zonzo la canoa è la cosa più bella del mondo'', ecco che si passa dal Beounka al Luznice che si getta nella Nozarka e poi il grande fiume nazionale, la Vlatava (Moldava), e una volta l'io narrante arriva anche al mare, dove scopre in un divertente episodio che pescare è tutta un'altra cosa.
    Ota Pavel (vero nome Otto Popper) nasce a Praga il 2 luglio 1930, giusto novanta anni fa, e muore ma 43 anni il 31 marzo 1973 dopo una dura malattia durata una decina di anni, durante i quali si è dedicato in gran parte alla scrittura. Questo ''Come ho incontrato i pesci'' è il suo ultimo libro, uscito postumo l'anno dopo la sua scomparsa. Pavel, grande sportivo lui stesso, avendo praticato seriamente il calcio e l'hockey su ghiaccio, era giornalista sportivo. (ANSA).
   

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