(di Alessandro Carlini)
PATRIZIO NISSIRIO, 'D'INVERNO,
VENEZIA' (ENSEMBLE, pp. 336 - 16,00 euro) -
La realtà non è mai come appare nel dedalo misterioso e
magico di Venezia fra ponti, calli e 'sotoporteghi' dove si
addentra ancora una volta il commissario Aurelio Di Giannantonio
per cercare un possibile ordine nella propria vita e combattere
il crimine nel marasma del Carnevale. Si intitola
'D'inverno, Venezia' il nuovo romanzo noir dello scrittore
Patrizio Nissirio per Ensemble, fortunato seguito di 'Silenzio'
e delle avventure di uno 'sbirro' ben lontano da ogni
esasperazione testosteronica del genere 'hard boiled' e delle
sue evoluzioni ma autentico, umano e per certi versi
splendidamente fragile.
Il suo esordio avviene con un pianto improvviso e una frase
che lascia il segno. "Tutta la tristezza del mondo gli si era
conficcata tra cuore e respiro e lui non capiva il perché". Lo
stile dell'autore è asciutto e ritmato, come un blues, e
ispirato ai maestri della letteratura anglosassone, quindi
guidato da una sorta di devozione alla storia narrata e ai suoi
attori, i personaggi, pesando una a una le parole e gli
aggettivi, con dialoghi brevi e necessari, come devono essere,
perché monologhi e concioni non si addicono alla vita reale.
La musica fa da sottofondo, a partire dalle melodie
d'America, ricordi lontani, esperienze vissute in prima persona
dall'autore, a lungo corrispondente dagli Stati Uniti, che qui
si immerge nell'atmosfera della laguna immensa e straniante,
sorta di altra frontiera che non tende a ovest ma a oriente. Di
Giannantonio non è un veneziano, si sente dalla sua parlata
sporcata raramente dal romanesco, arriva dalla Città Eterna e si
perde in quella che inesorabilmente sprofonda. Deve fare i conti
con un passato ingombrante che bussa alla fatidica porta della
mezza età. Nissirio innesta gli intrecci dell'esistenza di un
uomo vissuto su un contesto perfetto per un noir, quello del
carnevale, colorato ma anche ambiguo e perfino infido. Tutto
inizia con una serie di aggressioni, in apparenza episodi non
collegati, in realtà segnali di una violenza organizzata e
mirata che obbligherà il commissario a usare il suo fine
intuito. "Non era Sherlock Holmes, che notava tutto, ma notava
molto. Non lo faceva con metodo, era un riflesso del suo modo di
guardare. Uno sguardo aperto, assorbente, senza pregiudizi".
La festa veneziana per antonomasia si macchia di sangue dopo
un omicidio che avviene a pochi metri dalla gente intenta a
ritratte i propri costumi a colpi di selfie, scherzare e fare
rumore mentre nel silenzio di un vicolo un capo mafioso viene
ammazzato. Il clima generale di apparente sospensione delle
regole è il luogo in cui si può muovere e prosperare
un'organizzazione di criminali mascherati che confondono la
vendetta con la giustizia. Di Giannantonio e la sua squadra,
fatta di donne e uomini che vengono da fuori e ben rappresentano
spaccati diversi di vita e società, tentano di riportare
l'ordine in una impresa che mette tutti a durissima prova. Resta
sullo sfondo una sensazione ben evocata dall'immagine di
copertina, del solcare il mare in bilico sulla prua di una
gondola, sfidando qualcosa, forse il limite e la finitezza con
cui ognuno deve fare i conti.
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