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Pupi Avati, 'Racconto Dante, il suo dolore e la bellezza'

Pupi Avati, 'Racconto Dante, il suo dolore e la bellezza'

Regista, Anno dantesco inutile, alla gente non è arrivato nulla

ROMA, 12 novembre 2021, 10:20

di Marzia Apice

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AVATI, 'RACCONTO DANTE, IL SUO DOLORE E LA BELLEZZA ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

AVATI,  	'RACCONTO DANTE, IL SUO DOLORE E LA BELLEZZA 	' - RIPRODUZIONE RISERVATA
AVATI, 'RACCONTO DANTE, IL SUO DOLORE E LA BELLEZZA ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

 PUPI AVATI, L'ALTA FANTASIA. IL VIAGGIO DI BOCCACCIO ALLA SCOPERTA DI DANTE (Solferino, pp.170, 16.50 euro). "Non potevo tenere solo per me la gioia di questi 20 anni di ricerca. Oggi purtroppo nessuno sa nulla di Dante, ma le sue pulsioni sono ancora le nostre". Da una passione che viene da lontano, ma soprattutto dalla voglia di condividere con generosità un tesoro di poesia e bellezza nasce "L'alta fantasia", il romanzo di Pupi Avati dedicato al Sommo Poeta, pubblicato da Solferino (dall'11 novembre in libreria), dal quale il regista e scrittore ha tratto un film appena finito di girare e in uscita nei primi mesi del 2022. "Rincorro Dante dalla seconda parte della mia vita, quando ho iniziato a chiedermi se davvero avrei potuto concludere la mia vicenda umana senza aver capito perché alcune sue opere sono dei classici. Io sono rimasto tagliato fuori dalla somma bellezza di queste opere a causa della scuola italiana che ha fatto di tutto per non farmele apprezzare", racconta Pupi Avati intervistato dall'ANSA, "da ragazzo ho provato repulsione per gli scritti di Dante, e ancora oggi la scuola lo racconta in modo sbagliato.
    Basti pensare all'iconografia legata al Poeta, a quel profilo arcigno, a quell'idea di una persona scostante e poco comunicativa, ma lui era tutt'altro". Mescolando con un perfetto equilibrio verità storica, riferimenti letterari, elementi verosimili e altri frutto di immaginazione, Avati nel libro racconta il viaggio compiuto da Boccaccio, 30 anni dopo la morte di Dante, verso il convento in cui si trova la figlia del Poeta, divenuta monaca con il nome di suor Beatrice, per consegnarle un risarcimento in denaro per l'esilio ingiustamente subito da suo padre. In pagine dense di suggestioni, nelle quali il Medioevo è restituito al lettore in modo vivido, l'autore ripercorre al fianco di Boccaccio i nodi cruciali dell'esistenza dantesca, nutrendo la sua appassionata narrazione di quello straordinario rapporto intellettuale che ha legato i due geniali scrittori: "nella storia della letteratura mondiale non c'è nessun poeta che abbia fatto tanto per un altro, e già questo fa commuovere: Boccaccio per tutta la vita ha diffuso e difeso Dante, è morto commentando l'Inferno", afferma Avati, che ha introdotto i capitoli con il riferimento ai brani musicali ascoltati durante la scrittura del romanzo ("ogni volta che mettevo un disco me lo appuntavo, alcuni sono introvabili, ma possono far capire uno stato d'animo"). "In questo mio racconto avevo bisogno di essere legittimato", prosegue, "non sono un accademico, in Italia ci sono tanti dantisti, ma nessuno si è mai occupato dell'umanità di Dante e della sua identità, questo attiene alla sacralità e all'ineffabile. Ho percorso il dolore che costella tutta la vita di Dante, dalla perdita della madre alla fine dei suoi giorni, quando egli si illude di poter essere riammesso a Firenze dopo aver scritto la Commedia: è questo dolore a dargli accesso alla dismisura poetica". Dopo aver scoperto circa 25 anni anni fa la Vita nova ("un testo fondamentale per comprendere Dante, perfetto per i ragazzi perché è un diario d'amore modernissimo, di una profondità e di una acutezza in cui un adolescente si può riconoscere", dice), Avati ha iniziato a leggere di tutto su Dante, diventando "un bibliofilo nei riguardi della dantistica con una passione crescente", ma la sua scelta è ricaduta sul racconto della dimensione più intima del Poeta, definito nel libro un "essere imperscrutabile": "Era inutile andare a riscrivere quello che già esiste proposto da altri più legittimati, io ho tentato di capire come un essere umano possa arrivare ad accostarsi al divino", racconta, "ho cercato uno strumento più modesto ma più confidenziale per provare a dire chi è Dante, per renderlo seducente, perché io stesso negli anni ne ho sentito la mancanza". In questo anno di celebrazioni ufficiali, come è stato raccontato Dante? "Temo che tutto sia stato inutile, ci si è spesi in appropriazioni, celebrazioni, gagliardetti, bande e convegni, mi è parso che però ognuno, tra sociologi, filologi, dantisti e altri, avesse il suo Dante da celebrare. Ma alla gente non credo sia arrivato nulla". Il libro precede il film, interpretato da Sergio Castellitto (Boccaccio) e Alessandro Sperduti (Dante ventenne), che uscirà dopo l'anno dantesco. "Siamo volutamente fuori tempo massimo con il film, previsto per il 2022: Dante non finisce quest'anno, è senza scadenza. Io aspetto di fare questo lavoro da 20 anni, avevo un accordo con Rai Fiction ma tutti i dirigenti che si sono succeduti hanno sempre avuto un atteggiamento insofferente, come se avessero paura di entrare in un sacrario, eppure è un film necessario", dice ancora, "la cosa più difficile è stata trovare lo sguardo di Beatrice. Ho puntato tutto su quello e l'ho trovato in Carlotta Gamba. La storia del film è proprio lo sguardo fra Dante e Beatrice, lì il mio lavoro trova il suo senso e una temperatura altissima". E aggiunge: "Ho capito di avercela fatta quando ho trovato lei: la mia Beatrice non è una barbie in campo lungo che si fa apprezzare, ma è consapevole del ruolo che ha nella vita di Dante. A me è piaciuto pensare che Beatrice abbia sempre saputo tutto, fin dall'inizio. Ed è quello che penso anche in generale, ossia che la donna ne sappia sempre più dell'uomo. Nella mia vita affettiva è sempre andata così, con tutte le donne che per me hanno contato davvero".
   

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