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Ponticello, storia di Martia Basile

Mondadori

Ponticello, storia di Martia Basile

Una sposa bambina nella Napoli del '600, tra abusi e coraggio

ROMA, 09 aprile 2021, 09:51

di Marzia Apice

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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 MAURIZIO PONTICELLO, LA VERA STORIA DI MARTIA BASILE (Mondadori, pp.336, 19 euro). È una scrittura che restituisce al lettore la potenza dei sentimenti più autentici accanto a immagini sorprendentemente nitide della Napoli del XVII secolo quella di Maurizio Ponticello, autore del romanzo storico "La vera storia di Martia Basile", edito da Mondadori. Il libro (candidato da Maria Cristina Donnarumma al Premio Strega 2021, poi non rientrato nella dozzina scelta a marzo) si ispira alla vita di una donna realmente esistita: si tratta di Martia Basile che, nella Napoli capitale del viceregno spagnolo a cavallo tra '500 e '600, a soli 12 anni viene ceduta in sposa dal padre a don Muzio Guarnieri, commerciante immischiato in traffici con la corte. Il matrimonio si rivela da subito un incubo fatto di stupri, botte e umiliazioni; la nascita di due figlie poi aggrava la furia inarrestabile contro Martia di don Muzio, desideroso a tutti i costi di un erede maschio. L'uomo, per riparare il disastro dei suoi affari, arriva addirittura a vendere ad alcuni potenti la moglie, a poco a poco sbocciata come un fiore dall'incredibile bellezza. Mentre Don Muzio viene incarcerato, Martia, provata dal dolore e dalle umiliazioni, riesce a fuggire e a prendere in mano la sua vita: entra in contatto con alcune donne che praticano la stregoneria e stringe con loro un'alleanza, conosce l'amicizia e finalmente anche l'amore. Tuttavia ciò non basta, perché la tragedia è alle porte: la donna, dopo aver ucciso il marito tornato a casa dal carcere più violento di prima, viene imprigionata, torturata e infine accusata non solo del viricidio ma anche di aver addirittura siglato un patto col diavolo. Nessuno potrà salvarla, neppure il menestrello Giovanni (figura ispirata al poeta napoletano Giovanni della Carretòla), suo amico e confidente, che di Martia canterà la storia nei suoi versi, affinché non sia dimenticata. Fondendo in modo efficace la realtà storica all'invenzione, la lingua italiana al napoletano (addolcito) dell'epoca, Ponticello costruisce con una prosa efficace, cruda e poetica al tempo stesso, un romanzo avvincente, pieno di colpi di scena, avventure, riferimenti colti e immagini forti. Tra le pagine si rincorrono gli odori e i sapori di una Napoli dall'anima contraddittoria, una città che è tante cose insieme, benedetta e maledetta, svilita e orgogliosa, sporca e bellissima, con il mare e il Vesuvio a far da testimoni privilegiati delle sue vicende. E poi la rievocazione di personaggi del calibro di Giordano Bruno, i misteri della fede e quelli della superstizione, la miseria e il destino segnato dei poveri accanto al potere sfrontato dei "padroni" di turno. C'è l'orrore nauseabondo degli stupri e delle violenze inaudite perpetrati da uomini senza umanità, la misoginia imperante, la tragedia e l'indecenza accanto all'arte di arrangiarsi tipica dell'immaginario partenopeo. In tutto questo emerge la straordinaria figura di Martia, la donna dal "fuoco vivo" e dal carattere indomito, che Ponticello descrive nel suo diventare adulta a mano a mano che avanza il racconto della sua storia: dalla bambina inconsapevole che era, Martia acquisisce la consapevolezza di se stessa e quella (amara) del suo destino ineluttabile, eppure sceglie di lottare come può, con tutte le forze, per ottenere se non la felicità almeno un po' di pace e giustizia dopo tante sofferenze, abbandoni e tradimenti. Peccato che non ci riuscirà e che sarà condannata anche a una damnatio memoriae, tra imprecisioni storiche e censure, lunga secoli. Ma Martia, con il suo sacrificio e le angherie subite, diventa e resta un'eroina, assurgendo a simbolo di resistenza e dignità e di una storia femminile che nei secoli è stata lordata dalla violenza dell'uomo e che ancora aspetta di essere riscattata.
   

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