(di Mauretta Capuano)
Wole Soyinka, primo
africano a vincere il Premio Nobel per la letteratura nel 1986,
è tornato dopo 50 anni al romanzo e non si è risparmiato, ha
scritto circa 800 pagine, complice il lockdown, che uscirà in
Italia all'inizio del 2022, per la Nave di Teseo, con il titolo
'Cronache dalla Terra delle persone più felici del mondo'. La
sera del 10 luglio chiuderà in un attesissimo incontro - dopo
il reading in cui ha letto l'incipit del suo nuovo libro alla
Milanesiana di Elisabetta Sgarbi - il Festival Libro Possibile
a Polignano a Mare, in provincia di Bari, che nella ventesima
edizione raddoppia con altri appuntamenti a Vieste, in
provincia di Foggia, il 22- 23 e il 29-30 luglio.
In perfetta forma a 86 anni lo scrittore, drammaturgo, poeta,
collezionista e attivista nigeriano racconta, al suo arrivo a
Polignano, all'ANSA perchè ha deciso di tornare alla narrativa.
"Non mi considero un autore di prosa fatta eccezione per i
saggi. Prima di questo libro ho scritto altri due romanzi ('Gli
interpreti' nel 1965 e il memoir 'L'uomo è morto' nel 1971
ndr). Scrivo prevalentemente per il teatro, sono un drammaturgo
e non avendo la possibilità di dirigere la mia compagnia durante
la pandemia sono tornato alla prosa che è uno strumento più
libero a livello creativo però preferisco il teatro. Noi viviamo
in un ambiente in cui ogni giorno c'è un colpo di scena, un
dramma che si verifica. E' il mondo che fa il lavoro per te,
sostanzialmente. Quindi ad un certo punto mancano le sfide,
manca un po' l'azione per realizzare delle opere teatrali. E poi
ho sentito questa chiamata, quasi un obbligo di raccontare cosa
stava accadendo intorno a me e anche quali sono le conseguenze
degli eventi accaduti. Da qui l'esigenza di scrivere in prosa.
Me la portavo dietro da un bel po' ma avevo bisogno di isolarmi
dall'ambiente esterno, da questa realtà sovrastante, che ti
lacera internamente. Alla fine mi sono fermato in Ghana e
Senegal dove ho scritto".
Ci può anticipare qualcosa del libro, di cosa parla? "E'
difficile parlare dei miei libri ma quello che posso dire è che
la materia contenuta nel libro si è scritta da sola. Per tanti
aspetti a livello politico e anche a livello sociologico in
Italia ritrovo degli elementi che mi ricordano il mio paese, la
Nigeria. Anche voi avete avuto un primo ministro che si parlava
di bunga bunga, naturalmente parliamo di Berlusconi, e
l'equivalente di questa figura è un personaggio che è
all'interno del mio romanzo, un governatore che decide di
istituire il ministero della felicità. Ci sono innumerevoli
personaggi di questo mondo un po' sotterraneo che descrivo che
in qualche modo mi rimandano a riferimenti italiani. Mi è
capitato spesso di dire che gli italiani sono gli africani
bianchi".
Chi è il protagonista principale di questa storia corposa? "E'
un medico, una figura tutt'altro che perfetta. La colpa delle
tante pagine che ho scritto è del Covid. Ero praticamente verso
le battute finali ed è arrivato il coronavirus che ha cominciato
a torturare la vita di ognuno di noi. Sono stato in lockdown nel
mio posto preferito, casa mia, nel bel mezzo di una foresta e
quando pensavo, ok ho finito, è tempo di chiudere il romanzo,
non avevo altro da fare e ho continuato a scrivere. Mi assumo la
responsabilità della corposità di questo libro. Avevo cominciato
a tagliarlo e speravo che l'editor mi avrebbe aiutato a ridurre
alcune parti ma mi hanno detto lasciamo tutto così".
Come vede il nostro futuro dopo la pandemia? "Il vero
cambiamento sarà nello stile di vita. Le persone in questo
periodo hanno fatto tantissime scoperte sulla propria vita
sociale. Hanno cominciato a capire quali siano le priorità e che
cosa sia veramente importante per loro. Ma in termini di natura
umana non credo che assisteremo a tanti cambiamenti".
Profondo studioso di Dante, Soyinka lo ha ricordato a 700 anni
dalla morte ma ci tiene a dire "sono un divoratore di
letteratura in generale. Dante è uno degli innumerevoli autori e
scrittori che leggo. La Nigeria è molto famosa per gli ingorghi,
si può restare fermi in macchina anche per un'ora e mezza ad
aspettare di muoversi e nella mia automobile ho una piccola
biblioteca personale che porto con me. Oltre a Dante c'è Khalil
Gibran, Garcia Marquez e giovani autori nigeriani".
Tornato da due anni in Nigeria, dopo aver strappato la green
card americana in segno di protesta contro le elezioni di Donald
Trump, come vive la situazione del suo paese d'origine?
"Per una volta è possibile dire qualcosa di positivo e ci tengo
a farlo perchè il modo in cui in Nigeria è stata gestita la
pandemia è stato estremamente positivo e molto efficace. Ma non
posso negare che il mio paese sia pieno di problemi, di natura
terroristica, dal rapimento di giovani studenti alla situazione
delle terre dei bovari che vengono confiscate. Non è una
situazione rosea".
Adesso che è tornato al romanzo sta pensando di continuare a
scrivere fiction oppure vorrebbe tornare alla drammaturgia? "Se
mi viene il tentativo di farlo devo essere prelevato di forza e
messo in qualche istituto per non scrivere più. Il problema è
prevalentemente tecnologico. Ho lavorato al computer e ci si
ammattisce. Penso che non toccherò più una tastiera per scrivere
da qui in avanti".
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