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La parola della settimana: Europa

Redazione ANSA

L’Europa è un mito, letteralmente. Non solo perché per secoli è stata il luogo indiscusso del progresso – qualunque sfumatura di significato si voglia dare a questa parola -, dell’affermazione delle libertà, delle scoperte scientifiche e delle rivoluzioni sociali, economiche e politiche e perché è oggi la meta e la speranza per centinaia di migliaia di individui ma proprio perché nasce, come molte altre immagini che fondano la nostra storia, quella che Vladimir Putin ha definito ‘la cosiddetta civiltà occidentale’, da un mito. Cioè da una narrazione che spiega l’origine di qualcosa e ne fissa i caratteri e in un certo senso anche la sacralità. In questo caso l’origine del mito serve a individuare un perimetro geografico più che storico o culturale perché è dalle vicende di questa figlia di un re che nasce la localizzazione di ciò che da allora e ancora oggi chiamiamo Europa. Ma cosa c’entra la geografia con l’accorato appello del presidente ucraino Volodymyr Zelensky al parlamento europeo quando dice ‘dimostrate di essere europei’?  

Europa era la bellissima figlia di Agenore, re di Tiro, di cui era principessa, e poi regina di Creta. Così bella che la leggenda vuole che per lei fosse stato rubato a Giunone stessa quello che oggi definiremmo un cosmetico, un belletto, un prodotto di bellezza. Nelle disavventure per cui la ricordiamo come un mito fondativo, descritte da Omero ed Esiodo, c’è lo zampino di Zeus, il lascivo capo di tutti gli Dei, secondo la definizione di Robert Graves nel suo celebre compendio sui Miti Greci. Innamoratosi di Europa, Zeus, che sapeva fare proposte che non si potevano rifiutare, ordinò ad Ermes, non a caso il dio dei ladri oltre che messaggero degli dei, di guidare i buoi del padre della fanciulla su una spiaggia dove aveva visto incantato la bella Europa cogliere dei fiori. E, come altre che conosciamo bene, da quella di Elena di Troia a quella delle Sabine, anche questa storia inizia con un rapimento e si serve di un inganno. Zeus si trasforma in un toro bianco e mansueto e spinge Europa a salire in groppa. La porta nell’isola di Creta, prova ad abusare di lei ma lei resiste fino a quando Zeus con un’ulteriore trasformazione diventa aquila e riesce a sopraffarla. E’ così che da allora prese nome Europa tutto ciò che era a Nord dell’isola dove Zeus, ritornato alle sue fattezze divine sull’Olimpo, abbandonò la figlia di Tiro.

Ascolta "La parola della settimana: Europa (di Massimo Sebastiani)" su Spreaker.

  In realtà l’origine del termine è incerta: se in greco Europa significa ‘dal volto largo’, e questo farebbe riferimento alla principessa di Tiro, la radice semitica ‘ereb’, che significa Occidente, ci riporta al nome con cui i Fenici indicavano i paesi ad ovest delle terre da loro occupate, l’attuale Libano, la Siria meridionale e la parte settentrionale di Israele. E questo ci riporta a Putin e al suo malcelato disprezzo per una cultura diventata sostanzialmente egemone e soprattutto contrapposta a quella nazionalista, autocratica, impermeabile che lo zar sembra voler rappresentare in questo momento. L’Occidente è infatti la terra del tramonto (in tedesco è parola composta proprio così: Abendland, terra della sera), non nel senso che stia morendo o che sia malata, come qualcuno ha detto, ma nel senso, sottolineato in una vertiginosa analisi innanzitutto storica, da Massimo Cacciari nel suo ‘Geo-filosofia dell’Europa’, un libro del 1994, per cui ‘tramontare è il suo compito’. L’Europa nasce da una scissione, da una individuazione, e la frattura, che deve sempre di nuovo essere riaffermata, è proprio con quel continente asiatico da cui la geologia, che parla di supercontinente euroasiatico, in realtà non la divide.  Questa costante tensione è alla base di tutta la storia europea.  

Tramontare significa modificarsi, aprirsi, accogliere: è questo a cui Zelensky, in aperta contrapposizione anche culturale con Putin, vuole riferirsi. E non stupisce che un gruppo di ragazzotti svedesi, all’alba degli anni ’80, quando la contrapposizione tra il mondo libero e quello al di là della Cortina di ferro era ancora ai massimi della tensione, volle scegliere questo nome, Europe, per una band che voleva ottenere successo fuori dai confini nazionali: perché aveva lo stesso significato in tutto il mondo. Gli anni passano e su questa Europa e questo Occidente che sono alla perenne ricerca di qualcos’altro (cioè che vogliono tramontare costantemente), ironizzerà nel 2017 Francesco Gabbani con Occidentali’s karma.

 

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