(di Francesco Nuccio)
(ANSA) - PALERMO, 23 GIU - Il Teatro Greco di Siracusa riapre
le porte, e affida l'inaugurazione per la seconda volta ad un
regista dalla sorprendente carica inventiva: Davide Livermore,
torinese, oggi alla guida del Teatro Nazionale di Genova,
regista di prosa e d'opera. Sue sono le ultime inaugurazioni
della Scala di Milano e la prossima con "Macbeth" di Verdi.
Oggi a Siracusa, dove con "Elena" due anni fa ha battuto
tutti i record d'incassi, sta provando "Coefore" ed "Eumenidi"
di Eschilo, stessi testi di 100 anni fa quando il teatro tornò a
vivere dopo la prima guerra mondiale e dopo la Spagnola.
Saranno in scena dal 3 luglio. "Alle sciagure umane - afferma
all'ANSA Livermore - Eschilo reagisce guardandole bene in
faccia, senza timore e senza pietà, questo ci dice, di
affrontarle e di viverle fino in fondo, usando il teatro come
specchio. Sappiamo bene che il teatro è strategico, sempre, per
lo sviluppo di una comunità. E questo vale in tutti i secoli, e
oggi più che mai".
Coefore ed Eumenidi sono la seconda e terza parte della
trilogia di Eschilo, l'Orestea, l'unica che ci sia pervenuta
integra. Una saga truce, sanguinaria, che ci parla della
famiglia degli Atridi, e arriva fino al processo che vede come
imputato Oreste. "Quel processo è l'atto di nascita di un
sistema giuridico - continua il regista - ma non illudiamoci,
Eschilo conosceva bene le imperfezioni della Giustizia. Oreste è
un assassino, un matricida, che viene assolto da un tribunale
presieduto da una dea che fa pesare il suo voto. Il difensore è
Apollo, un altro dio. Ma nella giustizia umana c'è una
struggente imperfezione. Il tribunale che assolve Oreste è
iniquo, per certi versi cancella la volontà del popolo, nella
votazione abbiamo una parità di giudizi e poi Atena vota per
l'assoluzione. Quel che è straordinario che il testo di Eschilo
ha la capacità di adattarsi ai tempi, a tutti i tempi e anche ai
nostri giorni. Le parole restano uguali, ma il significato
cambia con i tempi, si adatta alle disavventure che l'umanità
vive".
In questo caso Livermore ha scelto di ambientare lo spettacolo
negli anni '40, anni di guerra che annunciano la rovina di molti
Stati. Poi fa una fuga in avanti, parla della fine disgraziata
della principessa Mafalda di Savoia, internata e morta nel campo
di concentramento di Buchenwald. "Se il padre, Vittorio Emanuele
III, invece di scappare fosse andato a riprenderla, chissà,
forse saremmo ancora una Monarchia". Lo dice per parlare di
Agamennone che morendo fa implodere lo Stato, il sistema di
potere corre verso la sua fine. Ma la scelta degli anni '40 è
"anche un omaggio al maestro di quegli anni, Luchino Visconti.
La rovina dello Stato è rappresentata da un ponte che è caduto e
ogni riferimento a ciò che accaduto a Genova è assurdo e non lo
ho mai nemmeno pensato. Ma è nostro dovere piangere le nostre
ingiustizie, abbiamo bisogno di tribunali efficienti. Con
Eschilo nasce il processo penale, fino a quel momento le persone
venivano giustiziate in piazza, quindi Eumenidi costituisce un
enorme passo avanti nel senso della Giustizia, nonostante tutte
le imperfezioni degli uomini di tutti i tempi". (ANSA).