(ANSA) - PALERMO, 20 MAR - Incalzato dal male, Matteo Messina
Denaro preparava lucidamente la sua uscita di scena. "Non morirò
di tumore, appena non ce la faccio più mi ucciderò a casa e mi
troverai tu. Ti dirò quando arriverà il momento" scriveva alla
sorella Rosetta arrestata nei giorni scorsi. Il boss era ormai
cosciente della gravità delle sue condizioni e si affrettava a
lasciare le sue disposizioni per l'ultima sfida allo Stato:
meglio una morte volontaria che la resa dopo trent'anni di
latitanza.
Per chiudere da eroe solitario la sua partita Messina Denaro,
come scrive oggi il quotidiano La Repubblica, avrebbe potuto
usare la pistola Smith & Wesson che teneva nel suo covo di
Campobello di Mazara. La sorella era indicata come l'esecutore
testamentario e aveva quindi il compito di fare scompare le
tracce dei tanti segreti ingombranti del boss: quelli rivelati
dai mille pizzini trovati in casa di Rosetta Messina Denaro e
quelli custoditi dal fratello. Le indagini condotte dal
procuratore Maurizio de Lucia e dall'aggiunto Paolo Guido
continuano però a cercare altri punti d'appoggio e appartamenti
di cui Messina Denaro aveva o aveva avuto la disponibilità.
Curiosamente nel progetto suicida si ritrova una somiglianza
con la fine di Francesco Messina Denaro, don Ciccio, il padre di
Matteo. Anche lui morì da latitante ma non per scelta
volontaria: fu stroncato da un infarto. Polizia e carabinieri
trovarono in campagna la salma già composta con vestito nuovo e
cravatta. (ANSA).
Messina Denaro alla sorella, non morirò di tumore ma suicida
Una lettera del capomafia pubblicata da Repubblica
