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HIV e COVID-19: “Prevenzione, diagnosi e cura, a che punto siamo?”

PressRelease

HIV e COVID-19: “Prevenzione, diagnosi e cura, a che punto siamo?”

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Responsabilità editoriale di PANACEA Società Cooperativa Sociale

28 settembre 2021, 12:15

PANACEA Società Cooperativa Sociale

PressRelease - Responsabilità editoriale di PANACEA Società Cooperativa Sociale

Il Piano Nazionale PNAIDS (HIV e AIDS - Legge 135/90) prevede interventi di prevenzione, informazione, ricerca, assistenza, cura, sostegno all’attività di volontariato, lotta alla stigmatizzazione, formazione di personale dedicato e azioni volte a far emergere il sommerso, favorire accesso al test, diagnosi precoce e migliorare qualità e sicurezza delle cure. Purtroppo, la pandemia COVID-19 ha rallentato questo processo e per fare il punto su prevenzione, diagnosi e cura dell’HIV, Motore Sanità ha organizzato il webinar ‘HIV: una pandemia silenziosa. Migliorare la presa in carico del paziente: stato dell’arte e spunti per il futuro. Focus Toscana’, realizzato grazie al contributo incondizionato di GILEAD.

“A distanza di due anni dall’approvazione del Piano nazionale AIDS, il progetto APRI “Aids Plan Regional implementation” realizzato dal CERGAS SDA Bocconi ha fotografato in modo puntuale lo stato di avanzamento nel recepimento del PNAIDS 2017-2019 all’interno dei vari contesti regionali. Emergono cinque principali criticità che, anche alla luce di quanto è emerso durante l’emergenza Covid-19, risultano prioritarie per perseguire gli obiettivi condivisi di contenimento e cura dell’HIV/AIDS: 1. il recepimento del PNAIDS resta non uniforme e solo parziale: solo la metà delle Regioni (52%) ha nominato la Commissione Regionale AIDS (Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia e Veneto). 2. La presa in carico è ancora molto baricentrica nei Centri HIV (come previsto dalla legge 135/90) e manca una integrazione con i servizi territoriali, con gli attori extra ospedalieri e i servizi di prevenzione e sanità pubblica. 3. Manca un percorso di presa in carico continuativo: solo il 28% delle Regioni ha declinato il PDTA per l’HIV a livello regionale (Calabria, Campania, Marche, Lazio, Lombardia e Veneto) 4. Ad oggi i sistemi di sorveglianza HIV e AIDS “non sono ancora parlanti”, né unificati, né compatibili e in essi non sono storicizzate una serie di informazioni potenzialmente utili a contrastare le infezioni e la malattia. 5. I programmi e le strategie di sensibilizzazione e comunicazione non sono strutturate: solo il 37% delle Regioni realizza programmi di comunicazione mirata volta a sensibilizzare le popolazioni target e difficilmente si ricorre a progetti sperimentali. La Regione Toscana è stata storicamente molto attiva nella lotta contro HIV/AIDS, avendo istituito il registro regionale AIDS dal 1985. Rispetto all’implementazione del PNAIDS la regione ha recepito il Piano nel 2017, tuttavia ad oggi la nuova commissione regionale AIDS non risulta ancora nominata. A livello regionale sono presenti da una parte progettualità innovative per l’accesso al test (Check point e progetti sperimentali di accesso al test anche nel contesto universitario), ma poche azioni di comunicazione per popolazioni target dall’altra parte. In linea con le Priorità evidenziate a livello nazionale, si sottolineano tre priorità regionali: 1. Nominare la commissione regionale AIDS, quale strumento importante richiesto dal Piano e fondamentale per la sua applicazione. 2. Continuare a investire in campagne di comunicazione e sensibilizzazione della popolazione generale sulla percezione del rischio e in particolare in alcune fasce della popolazione. 3. Intervenire sui modelli di presa in carico per la cronicità ad alta complessità, definendo un percorso condiviso con i vari attori che intervengono nella presa in carico del paziente (dal MMG, agli infettivologi, sanità pubblica), oltre che con le associazioni dei pazienti”, ha spiegato Lucia Ferrara, Lecturer Government Health & Not for profit Division, SDA Bocconi

“La disponibilità di nuove terapie, efficaci e ben tollerate, con l'indicazione al trattamento di tutti le persone HIV positive a prescindere dal livello dei CD4, ha portato negli ultimi anni ad una progressiva riduzione delle nuove infezioni e la "cronicizzazione" dell'infezione. Anche se sono necessari ulteriori sforzi per ridurre ulteriormente la circolazione del virus, migliorare i risultati raggiunti in termini di qualità della vita e prevenzione/riduzione delle comorbidità diventa il gradino successivo nella gestione dell'infezione da HIV. E' questo il così detto 4/90: favorire, nei pazienti in cui è stato raggiunto il controllo viro-immunologico, il mantenimento di una vita attiva riducendo l'insorgenza di comorbidità che sappiamo essere molto frequenti nei nostri pazienti in terapia cronica; in questo approccio complessivo non possono non essere considerati anche gli aspetti sociali e psicologi a cui facciamo riferimento parlando di ‘stigma’ e "U=U’”, ha dichiarato Massimo Di Pietro, Presidente SIMIT Toscana (Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali)

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