(ANSA) - VIAREGGIO, 12 MAG - Ogni dieci imbarcazioni da
diporto che solcano mari, fiumi e laghi nel mondo, una è
realizzata in Italia. Seconda produttrice dietro gli
inavvicinabili Usa (43% del mercato internazionale) ma davanti a
Regno Unito e Olanda, Germania e Francia, tutti ben distanziati.
Per ora, l'arrembaggio dei produttori asiatici sembra sotto
controllo, benché il 'resto del mondo', Cina compresa,
rappresenti ormai oltre un quinto della produzione nautica
globale e sia in costante crescita. A fornire la fotografia
della nautica del diporto è una ricerca della Cna presentata
oggi nel corso di un convegno a Viareggio.
In Italia, nonostante l'apprezzabile podio tra i mercati
mondiali, la crisi ha morso dolorosamente anche questo comparto,
dinamico e innovativo nell'intera filiera. Nel 2008 - evidenzia
l'indagine - il fatturato complessivo della nautica italiana
raggiungeva i sei miliardi, nel 2014 era calato a 1,7 miliardi.
Poi due anni di ripresa e di crescita a due cifre: +15% nel
2015, +11% nel 2016. Un risultato quasi esclusivamente
appannaggio delle esportazioni, che incidono sul fatturato
complessivo per oltre il 90%. Con performance di assoluto
rilievo sul mercato Usa, tradizionalmente ostico con le
produzioni estere.
Ma dire nautica italiana vuol dire soprattutto micro e
piccole imprese, specialisti di altissima qualità capaci di
firmare il 'su misura' richiesto dal committente, alto valore
aggiunto di ogni imbarcazione. A partire dal 2009, uno tsunami
ha colpito la filiera della "piccola nautica": in soli cinque
anni sono state spazzate via 446 imprese (-13,9%), quasi 3mila
lavoratori sono rimasti disoccupati (-21,4%) con un picco tra i
dipendenti (-23,9%), variazione ben più negative di quelle
riscontrate nell'intero settore manifatturiero, che ha perso il
9,7% delle imprese, l'8,9% degli addetti e il 12,2% di
dipendenti. Le imprese con dipendenti sono diminuite del 13,9%,
calando al 52,9%, e la media di addetti per impresa si è ridotta
da 4,4 a quattro addetti. (ANSA).