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Italia è Make Up valley, mercato chiave

'Beauty summit' a Piazza Affari, export cresce a doppia cifra

(ANSA) - MILANO, 5 MAG - Se la California ha la Silicon Valley, l'Italia ha la 'Make Up valley', perchè il 60% di rossetti, fard e ombretti venduti nel mondo è Made in Italy. A ricordarlo, "con orgoglio", è stata Cristina Scocchia, in collegamento col primo Beauty Summit Pambianco organizzato in Borsa Italiana a Milano. L'ex ad e presidente di L'Oreal Italia ha rimarcato che l'80% dei prodotti make up è prodotto nel nord, il 50% nel milanese. Il settore gode di buona salute. L'industria cosmetica italiana è la quarta europea, con 35.000 occupati, 200,000 con l'indotto, ha ricordato Fabio Rossello, presidente di Cosmetica Italia, l'associazione delle imprese produttrici. Tra fattori di successo Rossello ha citato la quota doppia di dipendenti donna rispetto alla media del manifatturiero (54% contro il 28%), di laureati (11% contro il 65) e di investimenti in ricerca e sviluppo (7% contro il 3% medio italiano). "Il nostro - ha concluso - è mondo che fa 10,5 miliardi, e abbiamo un export per 4,2 circa che l'anno scorso è aumentato a doppia cifra, oltre il 12%, e il saldo commerciale è favorevole per 2,3 miliardi". Tra i trend attesi in crescita nei prossimi anni c'è soprattutto la naturalità ("9% del mercato, in Italia l'11%"), ha spiegato Scocchia, che non a caso i rumors danno alla guida di un eventuale The Body Shop sotto la bandiera del fondo Investindustrial di Andrea Bonomi. Ma il settore ora deve affrontare le sfide del futuro, soprattutto sul fronte dei consumi interni. Perchè se Gdo, profumerie e farmacie sono il 75% del mercato, l'anno scorso hanno registrato un -0,6%. All'orizzonte due nuovi canali: l'on-line (2% del mercato, cresciuto del 35%) e i negozi monomarca (8% del mercato, +5%). Sguardo puntato anche sull'Asia: i cinesi investono 77 dollari l'anno in cosmetici, contro i 37 degli americani. C'è effervescenza anche per fusioni e acquisizioni (Italia è il terzo mercato): sulle 169 nel settore dal 2013, secondo uno studio di Ey delle 169, 18 hanno interessato imprese italiane.
   

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