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Tra i profughi ucraini, 9 mesi di vite sospese

Chi era in vacanza, chi è scappato.Ora tutti in un limbo sospeso

(dell'inviata Manuela Tulli) (ANSA) - RZESZOW, 06 DIC - Paul, quando è scoppiata la guerra in Ucraina il 24 febbraio, era in vacanza a Zanzibar con la sua famiglia. Ha deciso di stracciare il biglietto di ritorno su Kiev e di acquistarne uno nuovo per la Polonia. E' con sua moglie e un figlio di tredici anni, seduto dei banchi di scuola ad imparare il polacco. E' di Donetsk. "Mi chiede se voglio tornare prima o poi in Ucraina? E' una domanda difficile, per ora non so". E il "per ora" dura ormai da oltre nove mesi. Una vita sospesa come quella di tanti che vivono dall'altra parte del confine, in Polonia, aspettando momenti migliori per tornare in patria. E che vedono aumentare le loro angosce dopo il massiccio attacco missilistico di ieri sulla loro terra da parte delle forze russe.
    Siamo a Rzeszow, una delle città polacche più vicine all'Ucraina. Leopoli è appena ad un paio d'ore d'auto. Prima della guerra era anche meta di gite. Ora Rzeszow è l'ancora di quelli che hanno scelto di vivere qui perché la loro Ucraina è così vicina, e chissà se un giorno si potrà tornare. Le lezioni di lingua polacca, al centro dell'Unhcr, nascosto dalla fila dei supermercati lungo la strada di questa città grigia e periferica, divenuta lo snodo degli aiuti umanitari ma anche militari, vedono sui banchi di scuola tutti adulti che devono andare avanti, magari trovare un lavoro e se non sai la lingua tutto è più difficile.
    C'è anche Julia, curata e bella, ma lo sguardo velato di tristezza. Ha lasciato Mariupol a marzo, quando la città era diventata il simbolo delle atrocità della guerra. Ha girato un po' per l'Ucraina, poi ad agosto ha deciso di raggiungere la figlia che prima di lei aveva deciso di espatriare in Polonia.
    Julia è tra quelle che non immagina di ritornare: "Non so neanche se ritroverei la mia casa...", dice ai giornalisti al seguito di una missione organizzata dall'ambasciata polacca presso la Santa Sede. Tatiana viene da Odessa e ha due bambini, di 9 e 6 anni. Aveva un internet-point, uno di quei centri dove puoi sederti e navigare se non hai un pc o un collegamento a casa. "Ma i bambini devono andare a scuola e per questo abbiamo deciso di venire in Polonia. Cerco di rimanere in contatto con la famiglia ma non è sempre così facile", ci raccontava ieri quando la cartina della sua Ucraina era tutta rossa per l'allarme aereo. "Non sappiamo se un giorno torneremo, aspettiamo ma non siamo sicuri che i bambini vogliano tornare, è così difficile parlare con loro di quanto accaduto".
    Maria, 20 anni, è l'ultima arrivata in questo centro umanitario che cerca di dare ai profughi una seconda vita. Vuole raccontarsi ma a parlare non ce la fa. Fa con la mano il cenno di aspettare e scrive in inglesi su una pagina strappata dal suo quaderno: "Mi chiamo Maria sono originaria di Kiev, sono venuta qui a Rzeszov a novembre. Volevo rimanere nella mia terra per tutto il tempo che sarebbe durata la guerra, perché credo che sia il mio dovere. Ma con questi attacchi missilistici tutto il tempo, è stato difficile rimanere. Grazie a Dio tutti i miei parenti sono vivi e al sicuro, ma abbiamo tutti combattuto per la mancanza di elettricità ed è diventato veramente duro vivere e rimanere in città. Per questo ho deciso di venire in Polonia ma voglio ritornare appena la situazione migliora". (ANSA).
   

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