"Sono previsti incontri pubblici con le Autorità, con il Clero, i Diaconi, i Consacrati, gli Operatori Pastorali, con il mondo della marginalità - pensiamo soprattutto ai tanti rifugiati dalla confinante Ucraina -, con i giovani - siamo quasi alla vigilia della Giornata Mondiale della Gioventù che si terrà questa volta proprio nel continente europeo, ad agosto, a Lisbona - e poi con il mondo della cultura", spiega. Inoltre, "questa visita è programmata da tempo e quindi non è motivata principalmente dalla situazione odierna che è marcata dalla guerra in Ucraina. Ma come sappiamo questa tragedia che si sta perpetuando sta molto a cuore al Papa e sono sicuro che in questa visita non verrà trascurata nessuna opportunità che si possa presentare per promuovere la pace. Questa particolare attenzione del Santo Padre, dunque, arricchisce la sua presenza in Ungheria anche di questo incoraggiamento per un maggiore impegno a favore della pace". "Stiamo vivendo in Europa la più grande crisi di rifugiati a partire dalla Seconda Guerra Mondiale: più di 8 milioni di rifugiati ucraini hanno attraversato l'Unione europea - dice ancora il card. Parolin -.
E l'Ungheria, in questa situazione si è impegnata a mantenere le sue frontiere aperte alle persone in fuga dalla guerra in Ucraina e oltre 4 milioni di persone sono passate per l'Ungheria, o direttamente dall'Ucraina o dalla Romania. E sebbene siano rimasti in pochi - le cifre danno circa 35 mila - la Chiesa cattolica locale, attraverso soprattutto la Caritas, ma anche con l'aiuto del Governo - ha fatto del suo meglio per accoglierle e prendersi cura di questi rifugiati mentre continuano il loro viaggio verso altri Paesi europei. E parte di questo lavoro è stato anche quello di evitare che le donne e i bambini in particolare non cadano vittime della tratta di esseri umani". Nello stesso tempo però "la Chiesa rimane preoccupata per la situazione dell'immigrazione irregolare lungo la rotta balcanica e per la difficile situazione che molti affrontano, per esempio, lungo il confine fra l'Ungheria e la Serbia. Anche se molti di coloro che si trovano al confine non sono rifugiati, la maggior parte ha bisogno di protezione e tutti devono essere trattati con il rispetto che meritano come persone umane. Ma facciamo anche presente, ed è giusto farlo, che questo è un problema che non riguarda solo l'Ungheria, ma tutti i Paesi della regione, soprattutto quelli lungo il confine con l'Unione europea, che stanno lottando per affrontare i crescenti flussi di migrazione mista da Paesi in conflitto e in estrema povertà".
In questo senso "tutta l'Europa deve trovare un modo per assumersi la responsabilità di coloro che cercano una vita migliore all'interno dei propri confini. E questo, ovviamente, include anche lavorare per aiutare i migranti a rimanere nei loro Paesi d'origine, in pace e sicurezza, in modo che non siano costretti a fuggire o a cercare pace, sicurezza e un lavoro dignitoso all'estero".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA