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Covid:rivolte contro restrizioni infiammano Europa Centroest

Proteste in Austria, Ungheria e Bulgaria, malumore in Croazia

01 febbraio, 23:17
(ANSA) - BELGRADO, 01 FEB - Non solo Francia, Regno Unito, Paesi Bassi, Belgio. La rabbia per le misure restrittive anti-Covid dilaga sempre più anche in ampie parti dell'Europa centro-orientale. Lo si è visto domenica dall'Austria all'Ungheria, passando per la Polonia, dove si sono registrate proteste contro lockdown parziali e misure anti-Covid decise dalle autorità per mantenere sotto controllo il virus. Alcune migliaia di dimostranti hanno sfilato senza autorizzazione nel centro di Vienna, moltissimi senza mascherine e in barba al rispetto delle distanze di sicurezza, sventolando il tricolore austriaco e striscioni con su scritto "Kurz deve andarsene", un riferimento al Cancelliere in carica. Obiettivo della manifestazione di domenica, le misure restrittive stabilite dal governo nell'ambito del terzo lockdown dalla primavera scorsa, introdotto dopo Natale. Le autorità, per fronteggiare l'aumento dei contagi, hanno deciso la chiusura di negozi non essenziali, di teatri, centri sportivi e scuole. Si respirava un'aria "aggressiva", ha raccontato la Tv pubblica di Vienna, mentre altri media hanno riferito di neonazisti e membri dell'ultradestra in corteo assieme ai manifestanti, che si sono rifiutati di sgombrare le strade bloccando il traffico. "Abbiamo inflitto un numero notevole di multe" e osservato moltissime "violazioni delle regole anti-Covid", ha informato la polizia all'agenzia Apa. Le forze dell'ordine hanno operato anche un numero imprecisato di arresti. A spingere verso la partecipazione alla manifestazione anti-Covid, in particolare, l'ex ministro degli Interni, Herbert Kickl, fra i leader dell'Fpoe (destra), che ha parlato di "scandalo" e "censura" a proposito del divieto di protestare sancito dalle autorità.

Scene simili a quelle di Vienna sono state registrate, sempre domenica, anche a Budapest, dove centinaia di persone sono scese in piazza contro le misure anti-Covid decise dal governo Orban in Ungheria. Ungheria che attende nuove possibili proteste, che rischiano di accendere tensioni, anche politiche. È quella di un centinaio di gestori di ristoranti della capitale, che hanno annunciato la riapertura delle serrande, sfidando i divieti delle autorità e le sanzioni di migliaia di euro. Simili proteste sono state osservate di recente anche in Cechia e in Bulgaria, dove gestori di locali e ristoratori hanno espresso il loro dissenso contro le chiusure decise dal governo. In Croazia, proteste analoghe sono in programma a partire da oggi, con una manifestazione annunciata a Zagabria il 3 febbraio. Nell'autunno del 2020, anche in Slovenia erano andate in scena manifestazioni violente di gruppi radicali anti-lockdown, mobilitatisi a Lubiana per opporsi alle misure restrittive, mentre proteste speculari erano andate in scena anche a Zagabria al cosiddetto 'Festival della libertà, a settembre, con lo slogan "togli la mascherina, spegni la Tv, vivi una vita piena". A luglio, la rabbia era esplosa anche a Belgrado, in Serbia, dopo che il governo - per contrastare una recrudescenza dei contagi - aveva evocato il ritorno del coprifuoco, scatenando la rabbia di gruppi di opposizione che si è ben presto tradotta in una nuova ondata di proteste anti-governative. A dicembre, altre manifestazioni di "no-mask" e "no-vax" anche in Lettonia.

Gli esecutivi della regione, in testa quello magiaro, continuano però a difendere misure restrittive e lockdown parziali, necessari finché la curva dei contagi non si sarà appiattita definitivamente, ha spiegato l'Ungheria. Appiattimento atteso anche grazie all'afflusso di vaccini extra-Ue. Budapest è stata la prima capitale dell'Unione che ha rotto il fronte comune Ue, siglando accordi con Pechino e Mosca per ricevere i sieri Sinopharm e Sputnik V e contestualmente accusava Bruxelles di far affluire con eccessivo ritardo - e in quantità insufficienti - i vaccini approvati dall'Ema.

Ma la rivolta dal basso contro le restrizioni coinvolge pure sempre più la Polonia. La polizia polacca è intervenuta domenica a Breslavia e a Rybnik, utilizzando lacrimogeni, in due discoteche delle rispettive città, riaperte dai loro gestori in aperta violazione delle norme anti-Covid. Oltre 150 gli agenti schierati, tre gli arresti e più di duecento le persone identificate. Tensioni che arrivano dopo che il Paese è stato scosso dalle proteste di massa, in 51 città, contro il divieto all'aborto, di fatto introdotto da una controversa decisione della Consulta, che ha chiuso le porte all'interruzione di gravidanza in caso di anomalie del feto. Lo "sciopero delle donne" ha coinvolto Danzica, Stettino, Gliwice e altre decine di località, in cui migliaia di persone hanno marciato accusando il governo di "avere le mani imbrattate di sangue" delle donne. Di tutt'altro tenore altre forme di ribellione, quelle di un vasto movimento di gestori di ristoranti, hotel e locali di divertimento, che nelle ultime settimane, malgrado il rischio di severe sanzioni, hanno deciso di riaprire sfidando le restrizioni anti-Covid stabilite dalle autorità. (ANSA).

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