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Papa: nel 2017 ancora su scenari guerra

Per viaggio Africa verso tappa Sud Sudan,ma in ballo anche Congo

CITTA' DEL VATICANO Post-it
(di Fausto Gasparroni) (ANSA) - CITTA' DEL VATICANO, 28 FEB - In una delle sue prime interviste come segretario di Stato di Sua Santità, il cardinale Pietro Parolin disse nell'aprile del 2014, un anno dopo l'elezione di papa Francesco, che il Pontefice interverrà "ogni volta che la pace è minacciata": lo farà "agendo con la parola", ma anche "con la sua eventuale presenza, magari improvvisata, sui luoghi dei conflitti". Un annuncio già tradotto in realtà, visto che papa Bergoglio, ad esempio nel viaggio del novembre 2015 nella Repubblica Centrafricana ha portato di persona la propria testimonianza di pace e riconciliazione in una realtà dilaniata dalla guerra civile, persino aprendo nella cattedrale di Bangui il suo Anno Santo straordinario della Misericordia. Una circostanza, quella della presenza fisica di Bergoglio sui teatri di guerra, che dovrebbe rinnovarsi anche quest'anno, visto l'annuncio dato dallo stesso Pontefice domenica durante la visita alla chiesa anglicana 'All Saints' a Roma sulla preparazione di una tappa in Sud Sudan, insieme all'arcivescovo di Canterbury anglicano Justin Welby, chiesta dai tre vescovi locali, l'anglicano, il presbiteriano e il cattolico, nel viaggio in cantiere per l'Africa nel corso del 2017. "Stiamo pensando se si può fare, se la situazione è troppo brutta laggiù... Ma dobbiamo fare perché loro, i tre, insieme vogliono la pace, e loro lavorano insieme per la pace", ha detto. Se si potrà realizzare, sarà anche un'iniziativa dal forte significato ecumenico, fatta insieme al primate anglicano Welby, come d'altronde Francesco ha già voluto col patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo, incontrandolo in Terra Santa - altro luogo di conflitti - nel maggio 2014 e poi sull'isola greca di Lesbo nell'aprile dell'anno scorso. Nel Sud Sudan, indipendente dal luglio 2011, è in corso dal dicembre 2013 un conflitto etnico, scoppiato a partire dal tentato colpo di Stato nel quale le forze leali al presidente Salva Kiir di etnia dinka si sono scontrate con quelle fedeli all'ex vicepresidente Riech Machar di etnia nuer, esonerato a luglio a causa dei forti contrasti con Kiir. Si suppone che ben oltre 50.000 persone siano state uccise nel corso del sanguinoso conflitto fratricida. Ad esso si aggiunge poi la grave crisi alimentare nel Corno d'Africa, che - ha sottolineato il Papa nell'udienza generale del 22 febbraio - "condanna alla morte per fame milioni di persone, tra cui molti bambini". Ma sempre in Africa, in un altro scenario di violenti scontri, la Repubblica Democratica del Congo, si attende già l'arrivo del Pontefice. Non è un caso che un missionario del luogo, don Roberto Ponti, superiore regionale dei Paolini, ne abbia parlato in una recente intervista. "I congolesi stanno aspettando con ansia la visita del Papa. Tutti sarebbero entusiasti nel poterlo accogliere", ha affermato. "E' chiaro - ha aggiunto - che ci devono essere delle condizioni minime. Non tanto di sicurezza, quanto di avere la possibilità di un interlocutore politico e amministrativo, capace di poter gestire la situazione". La Chiesa congolese da tempo sta mediando la transizione verso una pacifica elezione presidenziale, entro il 2017, senza che il presidente Joseph Kabila forzi la Costituzione per un terzo mandato. Ma l'instabilità politica si sta ripercuotendo sulla sicurezza. "L'impasse politica è preoccupante e rischia di far sprofondare il nostro Paese in un disordine incontrollabile. Le divergenze in seno alla classe politica, e le tensioni nel Paese, possono condurre la nazione all'implosione e al caos", denunciano i vescovi, parlando di "balcanizzazione" dell'ex Congo Belga per la "moltiplicazione dei focolai d'insicurezza e di violenza" (Nord-Kivu, Tanganyika, Kasai, Congo Centrale, la stessa capitale Kinshasa). Il Papa stesso ne ha parlato all'Angelus di domenica 19 febbraio soffermandosi sugli "scontri violenti e brutali nella regione del Kasai Centrale", esprimendo il "dolore per le vittime, specialmente per tanti bambini strappati alle famiglie e alla scuola per essere usati come soldati. Questa è una tragedia, i bambini soldati". E rinnovando un "accorato appello alla coscienza e alla responsabilità delle Autorità nazionali e della Comunità internazionale, affinché si prendano decisioni adeguate e tempestive per soccorrere questi nostri fratelli e sorelle". (ANSA).

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