"Sono uno scrittore che si
arrampica, non un alpinista che scrive": si descrive così Dušan
Jelincic. E poi precisa: "lo scrittore quando compie una
spedizione vede e osserva cose diverse rispetto a un alpinista".
Giornalista di Trieste, tra gli scrittori sloveni
contemporanei più tradotti in italiano, Jelincic negli anni -
ricorda - ha portato a termine tre spedizioni himalayane. E nel
suo libro "Gli eroi invisibili dell'Everest" (Bottega errante
editore), presentato questa sera, ha deciso di raccontare la
"forza, l'energia degli sherpa", ovvero di chi lo ha
accompagnato in queste missioni. "Mi hanno trasmesso un'energia
tale che a un certo punto ho deciso che avrei dovuto scrivere un
libro su di loro". Ed è così, ha spiegato, che è nata la nuova
esperienza letteraria "mettendo insieme le leggende, la forza
mistica degli sherpa e anche un 'giallo' in alta montagna, un
genere che a me piace".
Il libro racconta di una spedizione americana che parte alla
conquista dell'Everest. Mark, uno psichiatra quarantenne,
alpinista, viene chiamato a farne parte dal suo amico Paul,
capospedizione, per cercare di chiarire assieme a lui
l'inspiegabile sparizione di due amici comuni, avvenuta l'anno
prima proprio su quella montagna. La spedizione parte,
accompagnata dagli sherpa, ma oscuri eventi rallentano la
regolare ascesa. Oltre all'avventura degli alpinisti
sull'Everest e l'irrinunciabile lavoro degli sherpa, il libro
racconta le piccole lotte per la supremazia nelle spedizioni, il
desiderio di essere i primi a toccare la cima, la frustrazione
per il fallimento di una giornata e la gioia del raggiungimento
della vetta.
"Noi - prosegue Jelincic ripercorrendo la sua esperienza -
abbiamo scalato una variante sull'Everest e abbiamo raggiunto la
cima per la via cosiddetta 'classica', senza arrampicate". Poi
però, "in 4-5, abbiamo fatto una prima scalata di 1.500 metri e
senza gli sherpa sull'Himalaya non avremmo fatto quasi niente.
Le loro sono storie sono interessanti e vanno raccontate. Noi
per loro siamo moderni conquistatori e forse anche un po'
schiavisti. Li paghiamo certo, ma loro, accompagnandoci, sono
disposti a morire per noi".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA