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Addio al bandito-poeta Sante Notarnicola

Dalla banda Cavallero al carcere, poi i libri e la vita da oste

   (ANSA) - BOLOGNA, 23 MAR - "Io mi preoccupavo solo per il detenuto. Per il giudice vi siete preoccupati voi". Era il 1976 e nel carcere di Favignana, dov'era detenuto, Sante Notarnicola, morto ieri a Bologna all'età di 82 anni, dopo aver mediato per far liberare il giudice di sorveglianza che era stato preso in ostaggio da un altro recluso, metteva subito le cose in chiaro con il procuratore di Trapani, che voleva ringraziarlo. Quel giudice, era Giovanni Falcone.
    Rapinatore di banche, comunista, anarchico, prigioniero politico, poeta, oste o semplicemente 'bandito' - braccio destro di Pietro Cavallero - come disse al momento dell'arresto. Sante Notarnicola è stato tutto questo nel corso della sua vita e non si è mai dissociato: "Ho semplicemente seguito un minimo di coerenza", spiegava nel corso di una vecchia intervista. Tante 'battaglie', che poi ha raccontato nei suo scritti o da dietro il bancone del pub 'Mutenye' di via del Pratello, la storica via dei locali di Bologna, città che dopo il carcere, dagli anni '90, lo aveva adottato. Davanti a una birra, studenti e militanti lo incalzavano e lui snocciolava aneddoti e pezzi di vita vissuta. "Per me essere comunisti è l'unico modo di essere uomini", scriveva nel 1972. Recentemente aveva avuto il Covid, ma poi una volta tornato a casa si è arreso alle complicanze di un'influenza.
    Nato a Castellaneta, in Puglia, Notarnicola, dopo aver trascorso alcuni anni in un Istituto per l'Infanzia Abbandonata, si trasferì a Torino per raggiungere la madre, nel frattempo emigrata. Al Nord iniziò a frequentare gruppi di operai e di ex partigiani e con loro militò prima nella Fgci, poi nel Pci, fino a quando nel '59 non iniziò con alcuni compagni una serie di espropri, organizzando rapine in banche e gioiellerie per raccogliere denaro a favore dei movimenti di liberazione nei Paesi coloniali. Nel '67 venne arrestato insieme a Cavallero dopo una latitanza di otto giorni e condannato all'ergastolo per l'ultimo colpo, la sanguinosa rapina al Banco di Napoli di Largo Zandonai, a Milano. Ci fu una sparatoria tra la folla, con la polizia, e a terra rimasero quattro morti: una vicenda che ha ispirato il film di Carlo Lizzani 'Banditi a Milano'. Notarnicola partecipò alla stagione delle rivolte negli Istituti penitenziari, che segnarono la storia carceraria italiana per tutto il periodo antecedente e successivo alla legge Gozzini. In cella si batte per i diritti dei detenuti e quando ottiene carta e penna cominciò a scrivere. 'L'evasione impossibile', del 1972, per Feltrinelli, è il suo primo libro: "Oggi guardo indietro, a quei tempi, e misuro il distacco, la strada percorsa e sento che senza quell'esperienza forse non sarei finito in galera, ma sento pure che se non fossi diventato comunista, l'intera mia vita non avrebbe avuto senso".
    Nel novembre 1976, con altri quattro detenuti, tentò di evadere dal carcere di Favignana attraverso un tunnel sotterraneo che venne però scoperto dagli agenti. La leggenda lo vuole anche brigatista, visto che il suo fu il primo nome della lista di prigionieri politici che le Br chiederanno di liberare in cambio della vita di Aldo Moro, ma in realtà Notarnicola le Brigate Rosse le aveva conosciute solo dietro le sbarre.
    Dal 1995, in regime di semilibertà, comincia a gestisce il Mutenye dedicandosi a numerosi progetti sociali e culturali. Dal 21 gennaio 2000 è libero.
    Nel 2014 durante la presentazione della sua antologia 'L'anima e il muro' al centro sociale bolognese Vag61, il giornale online Zic raccoglie le sue parole, rivolte ai tanti giovani che lo ascoltavano: "Ragazzi, oggi il lavoro non ve lo dà proprio nessuno. E non solo il lavoro, anche un minimo di vita decente. Questo diventa un carcere. E non a caso i compagni che lottano, nelle manifestazioni e non solo, cominciano ad essere parecchi dentro. E' su questo che voglio attirare l'attenzione dei giovani. Bisogna organizzarsi". (ANSA).
   

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