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De Filippi, 60 anni di arte e militanza

Al museo Castromediano di Lecce il lungo percorso del pittore

di Luciano Fioramonti ROMA

LECCE - Una ricerca che in sessant'anni si è intrecciata con gli snodi cruciali del panorama culturale e artistico internazionale dalla seconda metà del Novecento a oggi. Un lungo lavoro che il pittore Fernando De Filippi, leccese, classe 1940, ha condotto dai primi anni Sessanta, quando si trasferì a Milano sviluppando la sua indagine nelle opere legate al suo impegno politico e sociale militante, attingendo alle iconografie della Pop Art sganciate però dalle istanze americane, per giungere, attraverso l'analisi dell'iconografia di Lenin, alle performance, alle scritte sulla sabbia che rimandano agli scritti teorici di Marx e poi, dagli anni Ottanta, alla mitologia e alla costruzione di un immaginario in cui al centro dell'attenzione c'è l'albero come immagine del mondo e visualizzazione del pensiero. Fino alle opere sul fuoco degli anni Duemila realizzate grazie alle nuove tecnologie. Il racconto di questa esperienza artistica e umana, scandita da un centinaio di mostre in Italia e all'estero e da una lunga attività didattica coronata con la direzione dell'Accademia di Brera dal 1991 al 2009, è documentato nella mostra che il museo Castromediano di Lecce dedica fino al 2 ottobre al maestro in occasione del suo ottantesimo compleanno. Nel dibattito culturale la voce di Fernando De Filippi si è sempre fatta sentire.

''Senza pause, testimone e primo attore - osservano i curatori Brizia Minerva e Lorenzo Madaro - l'artista c'è nella lucida consapevolezza dei passaggi della storia, nelle scelte di campo e nella riflessione sulla natura dell'arte, nell'utilizzazione consapevole di situazioni, immagini, simboli, mitologie del nostro tempo. C'è nel sapiente possesso dei linguaggi e degli strumenti del fare arte, dal passato al presente tecnologico''. Nel 1975, quando la contestazione, i fermenti culturali e il vento del cambiamento scuotevano tutti i settori della società, De Filippi fu protagonista di una azione 'open air' con l'affissione nelle strade di Milano di centinaia di striscioni e manifesti con slogan a caratteri cubitali tratti dai testi marxisti, ''L'arte è ideologia'', ''Le contraddizioni sono ovunque'', ''La mano non è soltanto l'organo del lavoro, è anche il suo prodotto'', ''Arte come pratica sociale''. De Filippi è pittore, scultore, grafico, pratica installazione e fotografia, attraversa un'importante fase con azioni d'impronta politico-ideologica e concettuali, ritorna ancora alla pittura, ma attraverso elaborazioni digitali.

''Tutto nasce - ha spiegato in passato - da un retaggio concettuale, non dalla visione della natura ma da una sedimentazione mentale''. In questo lavoro l'artista ''cerca di mettere insieme ordine e disordine, passione e raziocinio''. La ricerca di De Filippi, osservano i curatori, è caratterizzata ''da una rigorosa e insieme flessibile visione mentale e analitica che tuttavia non rinuncia alla 'poesia', sia pure in una forma priva di ogni ingenuità o lirismo''. Il tema della memoria come meccanismo che ricuce gli eventi del tempo in una ricostruzione personale che si confronta con la dimensione storica e sociale ''attraversa tutte le stagioni di questo percorso: in un continuo andirivieni tra passato e presente, tra atemporalità dell'arte e tempo storico''. Al taglio del nastro della mostra, promossa dalla Regione Puglia con il patrocinio del Comune di Lecce, è intervenuto anche il maestro.

''De Filippi - ha detto Luigi De Luca, direttore del Polo Biblio-museale della città - non ha mai derogato in tutta la sua lunga e feconda carriera alla responsabilità della scelta, come uomo e come artista. Quando l'ideologia si affievolisce, quando anche l'arte si riduce a slogan e tutto sembra perduto, De Filippi ci indica una via: quella di un'arte come ricomposizione dell'unità della vita''. 

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