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L'arte russa al femminile

A Palazzo Reale di Milano dal 27 ottobre "Divine e Amazzoni"

di Silvia Lambertucci ROMA

PALAZZO REALE (MILANO) - L'invisibilità delle donne nel mondo dell'arte è un assioma che difficilmente si può mettere in dubbio. Da oriente a occidente le condizioni sociali ne hanno reso difficile la formazione e tante volte l'oblio ha fatto il resto, come dimostra la riscoperta tutto sommato recente di grandi personalità come Artemisia Gentileschi - proprio in questi giorni in mostra a Londra - o Frida Kahlo. Un divario enorme, inversamente proporzionale alla visibilità del corpo femminile nella pittura e nella scultura di tutti i tempi e di tutti paesi. "Una conseguenza della situazione sociale", ragionava alla fine degli anni '70 Linda Nochlin, tra le curatrici di "Donne artiste: 1550-1950", storica rassegna allestita a Los Angeles.

Una realtà alla quale ha fatto in parte eccezione la Russia, nel particolarissimo periodo di tempo che precedette la Rivoluzione d'Ottobre. In quei decenni, nei quali hanno visto la luce le avanguardie artistiche, le donne ebbero spazio, risonanza e anche ruoli di responsabilità in qualche modo alla pari degli uomini, come non succedeva all'epoca né negli Usa né in Europa. Donne colte, che in molti casi potevano vantare anche esperienze all'estero, il più delle volte nella Parigi di Picasso e Braque.
    A questa pattuglia di coraggiose artiste e intellettuali, "le Amazzoni dell'Avanguardia" - secondo una definizione ancora una volta coniata dal mondo maschile e che non a caso ne delimita la portata circoscrivendola in termini di eccezionalità - è in parte dedicata la grande mostra che si apre il 27 ottobre a Milano negli spazi di Palazzo Reale, con oltre 100 capolavori, molti dei quali mai visti in Italia, che arrivano dal Museo Russo di San Pietroburgo.

Intitolata "Divine e Avanguardie" e promossa dal comune di Milano che l'ha inserita nel palinsesto culturale cittadino I talenti delle donne, la rassegna ripercorre in 8 ampie sezioni l'evoluzione dell'immagine femminile in Russia, dalle madonne dorate delle icone alle zarine ammantate di broccati, dai sorrisi austeri delle imperatrici agli interni borghesi, fino ai volti segnati delle contadine che per la prima volta approdano sulle tele a metà Ottocento, negli sguardi illuminati di Aleksej Venetsianov. E poi ancora nei racconti su tela di Kazimir Malevic che negli anni Venti del Novecento si appassiona al dramma dei contadini schiacciati dalla rivoluzione proletaria. O negli interni cupi di Abram Archipov, con le sue lavandaie lacere che invece fanno tornare alla mente la Parigi disperata di Zola. Per arrivare alle donne pittrici, scultrici, galleriste, disegnatrici di moda, scenografe, animatrici della scena culturale allora in grande fermento, almeno fino al silenziatore imposto dal Stalin, che nel 1932 volle il realismo socialista come unica forma d'arte.
    L'idea, come si evince dal bel saggio firmato nel catalogo dalla curatrice Eugenia Petrova, è in qualche modo quella di una rilettura della storia russa seguendo il fil rouge del volto femminile per arrivare anche ad una riflessione sulla evoluzione dei ruoli. Ecco quindi che a testimonianza del momento di particolare apertura che vive il Paese tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, arrivano, insieme ai ritratti delle mogli e delle figlie degli artisti, anche quelli delle donne che dell'arte avevano fatto una professione, dalla poetessa Anna Achmatova alla gallerista Nadezda Evseevna Dobicina. Una sezione dedicata alla famiglia, con i ritratti di giovani date in sposa per interesse o quelli di vedove rimaste senza mezzi, sembra illustrare invece le tante storie narrate dai capolavori letterari, da Tolstoj a Dostoevskij. Non mancano poi le madri, oltre ad una sezione tutta dedicata al corpo femminile.

L'ultima parte, forse la più intrigante, è proprio quella che accende un faro sulle artiste, non solo Tamara de Lempicka ("oggi di moda in Europa" come sottolinea la curatrice) ma tante altre, da Natalija Goncharova a Olga Rozanova, da Ljubov Popova ad Alexandra Exster e Vera Muchina. Menti raffinate, intellettuali, audaci. Personalità forti come quella della Goncharova, capace di trascinare e influenzare il suo pubblico, amata al punto che una sua mostra allestita nel 1913 a Mosca riuscì a richiamare oltre 12 mila visitatori, con gli organizzatori costretti a ristamparne per tre volte il catalogo. Eppure, nonostante la fama raggiunta tra i contemporanei, "non furono loro a determinare la gloria mondiale dell'arte russa", sottolinea Populova.

Nel mercato contemporaneo dell'arte molte di loro sono ancora sottovalutate. Solo a considerare la selezione, per forza di cose ristretta, delle opere in mostra, viene da chiedersi perché. Di certo, a giudicare dai colori e dalla forza delle nature morte della Ekster o dalle composizioni di Rozanova , lo splendido ritratto di Gorkij firmato da Valentina Chodasevic o le morbide sculturine di Maryla Lednica, non mancano il talento, l'inventiva, la forza espressiva, l'originalità. E uno sguardo femminile sul mondo che fa la differenza. (ANSA).
   

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