- Non più tenori e soprani, ma la forza di un coro per dare voce alle tante qualità dell'agroalimentare made in Italy. A scegliere una ripartenza post-pandemia in squadra sono quattro Consorzi di tutela - Vino Chianti, Pasta di Gragnano Igp, Provolone Valpadana, vini Asti Docg - che insieme rappresentano circa 4.800 aziende e generano un fatturato che sfiora 1,8 miliardi di euro. Hanno scelto di ritrovarsi per delineare le prospettive di un settore-pilastro che insieme alla ristorazione è chiamato, dopo la prova di resilienza, ad una nuova prova di maturità su diversi fronti come il dialogo interattivo con i giovani consumatori e il presidio del mercato inglese post Brexit, oltre alle opportunità aperte dal Recovery e dal piano europeo "Farm to fork".
Tra i temi l'esigenza, avanzata dal Consorzio tutela Provolone Valpadena, di individuare canali alternativi per la valorizzazione del prodotto Dop da affiancare al mondo Ho.re.ca. Per il Consorzio di tutela della Pasta di Gragnano Igp "ora la sfida è rafforzare l'efficacia dell'azione consortile nell'attività di promozione e tutela a beneficio della denominazione, del consumatore e del nostro straordinario patrimonio gastronomico che annovera appunto l'unica pasta secca riconosciuta in Europa come Igp".
Un lavoro orchestrale, ha sottolineato il direttore del Consorzio dell'Asti Docg Giacomo Pondini, "per rendere contemporaneo e d'appeal anche per i giovani prodotti storici nel panorama enologico e per recuperare il mercato interno. Dobbiamo tornare ad essere forti in Italia se vogliamo essere credibili all'estero". Altro impegno comune, stando alla priorità indicata dal presidente del Consorzio Chianti Giovanni Busi, sarà una riflessione concreta sul carico burocratico a cui sono sottoposte le aziende, piccole o grandi che siano.
La prima prova generale di questa composizione corale un incontro, realizzato col contributo del ministero delle Politiche agricole, a Brusaporto (Bergamo) "Da Vittorio", in omaggio a un territorio fortemente colpito fin dalla prima fase dell'emergenza sanitaria e alla generosità degli chef Enrico e Roberto Cerea, detti rispettivamente Chicco e Bobo che si sono prodigati nelle cucine dell'ospedale di campo di Bergamo. "In un anno di pandemia - ha sottolineato Enrico Cerea - la categoria della ristorazione ha perso oltre il 36% del suo valore, tornando indietro di 20 anni.
La lezione che ci lascia è che si vince se si impara a suonare un'orchestra, promuovendo non un singolo territorio o prodotto quanto la nostra cultura e stile di vita. Da sempre, ad esempio, i paccheri di Gragnano Igp alla Vittorio, con ingrediente-principe una specialità meridionale, è il piatto che più mi rappresenta. Semplice ma buono come siamo come noi con stile di cucina, con tanto di "scarpetta" a suggellare l'importanza del gusto conviviale che unisce noi italiani". Nel menu dei Cerea anche tanta ricerca e innovazione, dalla riuscita rivisitazione del casoncello bergamasco in una oliva fino alla Gioconda, il lievitato estivo abbinato al Moscato d'Asti Docg. (ANSA).